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Messaggio Da Ospite Gio 20 Ott 2016, 15:33

Marco Felipe ha scritto:Gran bel lavoro Guitar Jim. COMPLIMENTI!!!!!  no-ta  no-ta  /incazzato/ VIVA KEN

grazie. E sempre viva Ken! Very Happy

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Messaggio Da Ospite Ven 21 Ott 2016, 15:37

Guitarjim1982 ha scritto:KEN PARKER - Pagina 22 Kp0110

DI BERARDI E MILAZZO (1)

Ken Parker nasce dall’intuito di Sergio Bonelli, un radicato editore in cerca di novità e cambiamento, che vuole affrontare una grande sfida: dare spazio agli esordienti Berardi & Milazzo e a un west nuovo e dimostrare che il fumetto d’autore e il fumetto popolare coesistono insieme, possono farlo. Dunque è ora di sdoganare le regole, capovolgerle. Lungo Fucile è il primo capitolo della saga di Berardi e Milazzo è, come ogni numero uno, un po’ speciale. Una storia di vendetta alla Wyatt Doyle e con un Ken Parker che non è ancora Ken, o meglio, è un mountain man con la barba folta che si arruola negli scout dell’esercito per vendicare il fratello. Un western solido, crudo, realistico, cinematografico, ricco d'azione e con un insolito elemento giallo: per scorprire gli assassini del fratello, Ken si affiderà a un indizio che al lettore può sfuggire ma che è sotto i suoi occhi. Poe ha fatto scuola. Ma Lungo Fucile è una storia figlia del ’68 e della rivoluzione: la condizione di Mandan e dei suoi Cheyennes, costretti alla fama dall'uomo bianco, arricchiscono la trama e le tematiche. Basta con il mitico Ford, basta con il cinema arioso e rassicurante degli anni Quaranta; qui ci troviamo nella crepuscolare dimensione di Peckinpah e del west fatto di uomini duri, sporchi e cattivi. Nessuno è innocente e la rivoluzione è appena iniziata, dunque, con un Berardi secco e incisivo nei dialoghi e il disegno di Milazzo ancora costruito e dettagliato ma privo di quelle sfumature e di quel dinamismo che diventeranno il suo marchio di fabbrica. Una rivoluzione fatta di tante cose, di tanta umanità e poesia. Siamo solo all’inizio di un lungo viaggio. So long.

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Omaggio al lavoro di Guitar Jim Il n°1 nell'edizione de "L'isola trovata"

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Messaggio Da Ospite Ven 21 Ott 2016, 15:40

Guitarjim1982 ha scritto:KEN PARKER - Pagina 22 Kp0210

DI BERARDI E MILAZZO (2)

Mine Town nel Montana è un paese minerario padroneggiato da Jim Holborn e dai suoi accoliti, uno dei tanti cattivi che Tex pesterebbe di brutto e che farebbe volare da una finestra. In quest’albo non assistiamo a una vestizione – perché Ken non cambia d’abito – ma a una trasformazione: emblematica è la scena dal barbiere, con il nostro eroe che si taglia barba e baffi e diventa Ken Parker, Lungo Fucile, l'eroe di Berardi & Milazzo che tutti amiamo. Tutto inizia con Ken e Dash che raggiungono Mine Town per cercare tracce di una mandria che occorre a un esercito ormai alle prese con la scarsità di approviggionamenti. Una tematica da west relistico alla Berardi che si arricchisce di una carrellata stupenda di personaggi che campeggiano in questa storia: Lupo Grigio e i fieri Dakotas, i simpatici soldati di Fort Smith, il cuoco cinese, Padre Kovak, che decide di ribellarsi al potere prendendo le armi, e la dolce, romantica, Tina Mc Cloy, una prostituta dai piedi freddi, cuore caldo, la prima donna di Ken. Berardi non esita a farci capire che tra lei e Ken ci sia stato del sesso, ma non mostra, lascia intuire, dando spazio ai sentimenti. Tina è un personaggio semplice, una donna qualunque, che si può incontrare nella vita, ma che dà una dimensione speciale e realistica alla storia. Berardi, tra l'altro, inizia a dilatare le didascalie, per poi eliminarle, alternando i momenti drammatici con quelli puramente comedy che poi diventeranno i segni definiti del suo stile. Ma in quest'avventura colpisce il finale rocambolesco, degno di uno spaghetti western, con Ken che si erge a giudicie e boia. Con tanto di dinamite. Come piacerebbe a un certo vecchio cammello compagno di tante avventure texiane! So long.

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Il n° 2

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Messaggio Da Ospite Mar 25 Ott 2016, 14:00

KEN PARKER - Pagina 22 Kp4310

DI BERARDI E TREVISAN (43)

Nell’incipit di questa storia c’è qualcosa che non va, che stona e sembra irriverente: nelle prime tavole Berardi ci mostra un Ken Parker arrogante che sbatacchia un povero oste alla maniera del mitico Tex Willer. Ma fa parte tutto di un complesso piano per liberare dal carcere il giovane Harry Fox, figlio del suo caro amico Dash, che viene menzionato nell’albo Apache. Ma A due passi dal paradiso è l’ennesima occasione per Berardi d'imbastire un fumetto alternativo al "solito" episodio western. Perché questa è una storia all’apparenza semplice, con Harry che si è fatto incastrare a Nogales per aver ammaliato la bella Juanita, la ricca figlia del suo datore di lavoro. Ma in Ken Parker ogni occasione è buona per soffermarci su aspetti importanti e trovare belle chiave di lettura come l’incomunicabilità tra padri e figli. Ed è il caso proprio di Harry che racconta a Ken del suo rapporto con Dash, un uomo che è sempre stato lontano da casa per via del suo lavoro. Un uomo che è mancato alla famiglia e a sua madre, donna che ha dovuto sgobbare per crescerlo. Ma Harry è anche il classico giovane che non sa bene cosa fare della sua vita: gambler, bandito, perdigiorno? O forse assassino? Perché su di lui pende un’accusa di omicidio ben diverse dalla bagarre con Juanita. E nella parte finale di questa storia, il figlio di Dash ha l’occasione di scappare e lasciare da solo il nostro Lungo Fucile assediato dagli apache. E lo farà, andrà via, certo, da lurido codardo ma poi, spinto dal rimorso, tornerà indietro per aiutare Ken e con la consapevolezza che dovrà affrontare il suo destino. Perché se è vero che bastano due passi per andare in paradiso, San Pietro non guarda di buon occhio i vigliacchi! So long.

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Messaggio Da Ospite Mar 25 Ott 2016, 14:08

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DI BERARDI, MANTERO E TARQUINIO (44)

Nel corso di queste storie le avventure di Lungo Fucile si sono spostate in Arizona e New Messico, territori cari ad Aquila della Notte. Sulla strada per Yuma è un’avventura decisamente western e storica perché Ken ha modo d'incontrare una figura celebre della frontiera americana: Billy the Kid. Il giovane pistolero in incognito si unirà insieme al nostro eroe alla guida di un gruppo di minatori che devono scortare l’argento e il bandito Durango a Yuma. Mantero in questo episodio sviluppa un intreccio ricco d’azione, tradimenti, scontri a fuoco, donne impavide e traditrici e banditi organizzati, dove l’abilità e il carattere del Kid, le sue contraddizioni e la sua nota abilità con la pistola, si confrontono invece con il modo d’intendere la vita del nostro amico Ken. E nel rocambolesco finale c’è spazio non tanto per la redenzione di Billy, che è tentato più volte di tradire Ken, ma della sottile ammissione che la sua spavalderia, conseguenza di un'adolescenza vissuta nell'asprezza, deve lasciar spazio all’esperienza di Lungo Fucile. Un’esperienza e un amore per la lealtà con cui il nostro eroe avrà la meglio su una leggenda del vecchio West. So long.

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Messaggio Da GIOB225 Mar 25 Ott 2016, 18:04

Sto rileggendo la saga.. anche spinto dal grande lavoro che hai fatto.. complimenti  winki
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Messaggio Da Ospite Mer 26 Ott 2016, 13:31

GIOB225 ha scritto:Sto rileggendo la saga.. anche spinto dal grande lavoro che hai fatto.. complimenti  winki

grazie mille. Ecco, questa è una cosa meravigliosa che dà senso ai forum e al perché uno ci scrive.
Proseguo anch'io con queste mie piccole schede: tra non molto rileggerò Adah... altro episodio monunentale.

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Messaggio Da Ospite Gio 27 Ott 2016, 16:55

Ormai, grazie a Guitar Jim questo topic è un appuntamento fisso

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Il cartonato a colori di grande formato con cui Lo Vecchio ripropose, nel 1987, una delle più belle storie della saga.

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Messaggio Da Ospite Gio 27 Ott 2016, 17:24

bellissimo questo cartonato, Marco. no-ta

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Messaggio Da Ospite Ven 28 Ott 2016, 15:04

Guitarjim1982 ha scritto:bellissimo questo cartonato, Marco. no-ta

Adah mi stupisce e mi commuove ogni volta che lo leggo (ormai ho perso il conto delle volte) no-ta

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Messaggio Da Ospite Mar 01 Nov 2016, 16:18

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DI BERARDI, MANTERO E AMBROSINI (45)

L’immagine del nostro Ken davanti al fuoco di un bivacco, immerso nella lettura di Edgar Allan Poe, è qualcosa d’insolito per i racconti a fumetti ambientati nelle terre della frontiera americana. Ma come ho detto in altre occasioni in questa serie l’eroe è anzitutto un uomo. Un uomo che vuole imparare, evolversi e trovare il proprio senso della vita. Un po’ come Cochito, il protagonista di questa bella avventura firmata Mantero e disegnata da un ottimo Ambrosini, un apache cresciuto dai bianchi e conosciuto come Archie Bowers. Sulla sua pelle, e nella sua anima, Cochito porta i segni, i patimenti, le sofferenze e i pregi di due “razze” che si odiano e si combattono. A Fort Bayard è arrivata una piccola delegazione di indiani Apache che si sono arresi ai Wasichu, ma il clima che si respira nei loro confronti è quello del disprezzo. Per questo motivo Cochito decide di scappare con la bella Nookia abbandonando il Forte. Inseguiti dal Capitano Hawks, i due incontrano il nostro Ken e lo derubano. Lungo Fucile si unisce al drappello di soldati e parte alla ricerca dei due innamorati che, come novelli Giuletta e Romeo, si lasciano andare a momenti d’intimità quando tutto intorno a loro sa di morte: corpi dilaniati, uccisioni, razzie di cui sia gli Apache sia gli Uomini Bianchi continuano a macchiarsi. Cochito, uomo d’onore, decide di unirsi a Ken e ai soldati perché cerca e vuole la vendetta: la sua “gente”, una banda di predoni Apache, ha ammazzato i suoi genitori adottivi. Ecco, in questo caso e ancora una volta in questa serie, gli autori ci mostrano come la strada dell’intolleranza se ne frega delle etichette e del colore della pelle. Ma del solo sangue delle vittime è bagnata la terra di frontiera, nel selvaggio sudovest americano. Un sangue che solo l’amore di Cochito per la sua donna può in parte lenire. So long.

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Messaggio Da Ospite Mar 01 Nov 2016, 17:03

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DI BERARDI E MILAZZO (46)

Come giustamente dice Luca Raffaeli nella sua bella introduzione a quest’avventura per la ristampa Mondadori: “C’è un mistero meraviglioso nella forza di un fumetto come questo”. Ma si tratta davvero solo di un fumetto? O è qualcosa in più? Arte? Perché è davvero qualcosa di magico e misterioso, una forza che assume proporzioni indefinite quando il protagonista - in questo caso LA - di una storia a fumetti diventa reale, vero, vivido, e quando fantasia e realtà si mischiano. E c’è infatti chi crede (o finge di credere) che a Baker Street 221 sia vissuto un longilineo detective, amante della pipa e del vionino e con il vezzo per la criminologia. Ma analizzando una storia come Adah non è un segreto che essa rappresenti uno dei punti più alti del fumetto europeo e della personale carriera di Berardi&Milazzo. Una lucida, poetica, avvincente narrazione in chiave di racconto, dalla nascita di questa ragazza di colore agli anni della sua adolescenza; dalla sua condizione di schiava nelle piantagioni della Virginia alla sua carriera di prostituta, fino alla fuga e all’incontro con un romantico cavaliere di nome Ken.

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Parte prima

Le vicende di Adah si suddividono in tre parti, una sorta di tre atti teatrali, come nelle migliori opere di Eduardo. Un inizio, il centro, e la fine. Narrata in prima persona, le immagini della vita di questa donna grazie ai disegni a mezzatinta di Milazzo scorrono come filtrate attraverso un fiume argentato di cui, noi lettori, siamo gli incantati osservatori. Ed è difficile contenere le parole quando si parla di una storia così. Berardi descrive scene di vita, drammatiche e ironiche come nel suo stile, accompagnate da una colonna sonora di tipicamente Gospel, quando nelle piantagioni di cotone gli schiavi cantavano lodi al Signore e sognavano la libertà. La “Casa Grande” è la tenuta dei Barrow e dei suoi antipatici figli, Josephine e Arthur, che con il loro odio nei confronti di Adah e dei suoi fratelli alimenteranno la vicenda nei suoi sviluppi futuri. Perché se Berardi affronta il tema del razzismo lo fa a modo suo, lasciando al lettore strumenti validi per capire. Capire che Adah e i suoi fratelli non sono emarginati soltanto dai bianchi, ma essi sono i figli bastardi nati dalle scappatelle del vecchio Barrow e quindi marchiati anche dai neri che vedono, nella loro pelle e nella loro origine, un'onta con cui non mischiarsi. E l’infanzia di Adah lascia spazio ai primi amori, alla sofferenze della vita, a un padre che non c'è, agli schiavi marchiati come bestiame, la fuga di suo fratello Tom, la voglia di libertà, e il colore della pelle, il maledetto colore. Come cantava Michael Jackson: “Ho dovuto dirgli che non sono secondo a nessuno/ E gli ho raccontato dell’uguaglianza/ Ed è vero, o hai torto o hai ragione/ Se stai pensando alla mia ragazza non importa se sei nero o bianco/.

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Parte seconda

E in una Virginia devastata dalla guerra e dalla distruzione che ritroviamo la nostra Adah, al termine del conflitto tra gli stati del Nord e quelli del Sud. In mezzo alle macerie, alle case diroccate, ai detriti polverosi, ai corpi delle vittime, gli schiavi neri sono ancora dei figli di nessuno, abbandonati a loro stessi, schiavi prima dei sudisti e poi sottomessi alla tracotanza e indifferenza dei loro liberatori. Nella seconda parte di questa storia Adah incontra Horace, un suo vecchio fidanzatino, e conosce per la prima volta la gioia del lusso, dei locali notturni, della bella vita e degli abiti merlettati, ma assapora anche la malinconia struggente della musica Jazz. Ma Horace è un truffatore, un poco di buono, che ha ben imparata la lezione dell’arrangiarsi in modo disonesto impartita da una vita sempre condotta sull’espediente, sulla consapevolezza che a sopravvivere è sempre il più furbo. La fuga di Horace rappresenta il crollo di un’illusione per Adah, un castello di sabbia sgretolato dal vento. La nostra protagonista, rimasta sola, decide e sceglie di diventare una prostituta. “Con quella pelle chiara puoi passare benissimo per creola” le dirà Miss Barbara, la tenutaria del bordello, anzi la “Casa”, dove Adah trascorrerà una parte importante della sua vita. Da figlia bastarda di Barrow, negra e puttana, la differenza non cambia, la sua condizione di schiava è sempre quella e, soprattutto, il rancore di chi le sta intorno non cambia. In questa seconda parte delle sue vicende Adah però assume una maggiore autonomia e ha l’occasione anche di “vendicarsi”, ferendo l'ex padroncino Arthur, colpevole di aver ammazzato suo fratello Tom, ormai divenuto un convinto attivista che, con i suoi discorsi sull'indipendenza e per l'uguaglianza dei neri americani, anticipa Martin Luther King e le marce degli afroamericani degli anni Sessanta. Un po' come se l’autore volesse compiutamente mischiare epoche diverse, i fatti, e i contesti storici, ma senza tralasciare il messaggio sublime di quelle lotte che è sempre lo stesso ieri come oggi: la voglia di libertà.

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Parte Terza

In pochi anni le terre ritornarono agli antichi proprietari e i negri, espropriati e ridotti a braccianti, persero ogni diritto. Il grande sogno era finito”. Berardi centra perfettamente il periodo storico e l’ipocrisia della cosiddetta Guerra di Secessione. Adah è in fuga perché su di lei pende una condanna di omicidio – anche se Arthur è riuscito a sopravvivere –  e per questo motivo si ferma a Hoolbrook, in Arizona, dove inizia la sua attività di sarta  Ed è qui che entra in scena il nostro Ken. L’incontro tra Lungo Fucile e Adah è l'unione tra due persone che hanno vissuto entrambe esperienze doloroso. Ed è un sentimento quasi disperato quello che nasce tra i due. “Aveva un modo di amare dolce, a cui risposi con selvaggia disperazione”, sono le parole di Adah che sottolineano la scena di sesso con Ken. Un amore invocato e disperato, un momento di bisogno che lei ha voluto ricercare. Berardi supplisce all’assenza di Ken per tutta la durata della storia dando consistenza alla sua apparizione, rendendolo insomma protagonista negli eventi cruciali della vita di questa donna. Salvandola dagli uomini che le danno la caccia, Ken riesce a dare senso a un percorso che Adah ha tracciato sin dall’infanzia: cioè scoprire che ci può essere nella vita qualcuno capace di donare amore in modo disinteressato e senza nulla in cambio.

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Quando finisci di leggere storie come queste ti chiedi se i personaggi siano vivi e reali e ti interroghi sul loro destino. E preso dalla lettura mi sono chiesto: dov’è Pat O’ Shane? E Nanuk? E Adah? Dove saranno mai gli amici che Ken ha incontrato? Da lettore ti domandi, quasi frastornato, se riuscirà mai a rivederli. Le loro vite si sono incrociate con quelle del nostro eroe e, come capita a tutti noi, ci chiediamo se quei fili che si sono per un attimo congiunti tra persone tanto diverse torneranno a intrecciarsi tra loro un giorno o l’altro. L’addio tra Adah e Ken, la scena del loro saluto in stazione, è simbolico: il treno rappresenta lo spostamento, l’inizio di un viaggio che condurrà entrambi altrove e in altri luoghi. In un posto dove Ken andrà incontro al suo destino e Adah si sarà rifatta una vita, trovato forse un marito e allevato bambini, una casa in cui trascorrere il resto dei suoi giorni e per avere la forza di raccontare tutta la sua storia anche a noi lettori. La storia di una donna vera, una donna meravigliosa nata da due menestrelli della fantasia come Berardi&Milazzo. So Long.

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Messaggio Da Ospite Mar 01 Nov 2016, 17:11

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DI BERARDI, MANTERO E MARRAFFA (47)

E’ difficile proseguire una serie dopo una storia come Adah, un po’ come esibirsi in un concerto dopo che sul palco c’è stato James Brown. Maurizio Mantero ha l’onere dunque di sviluppare l’interessante soggetto berardiano, una storia a tratti introspettiva ambientata nella cittadina di Bitter Creek, nel New Mexico. L’arrivo di Ken e del cadavere di Bob Wendell – cercatore d’oro che ha ritrovato sul suo cammino –  ha suscitato un certo clamore nella piccola comunità. Ma è la scomparsa di Jack Thalberg a preoccupare sia il giovane Marshal Arthur Comb sia suo suocero Noel Tavernier, che è un po’ il mentore di Bitter Creek. Ed è proprio il rapporto tra queste due figure ad avere un ruolo predominante in questa storia: da un lato Noel ha l’interesse a mantenere la sua leadership in Paese e di accusare i pastori Navajos dell’uccisione dei due cercatori d’oro; dall’altro Arthur, che vorrebbe far luce sulla vicenda e senza usare pregiudizi. Ma nella Frontiera, si sa, il razzismo verso gli indiani è l’occasione buona per sfogare le proprie paure e frustrazioni. Il contrasto tra Noel e Arthur costringerà Ken a interessarsi di questa vicenda, ad aiutare Nantan Josè Santos, vecchio pastore Navajos accusato anche dell’uccisione di un gruppo di contadini messicani. Ma la verità qual è? E se fosse stato Bob Wendell a uccidere il suo compagno e Noel vuole usare questo avvenimento per accusare gli indiani? Su questo sottile filo psicologico Mantero sviluppa un altro episodio degno di comparire nella saga parkeriana. E nel finale, almeno questa volta, (in)giustizia sarà fatta perché l’impiccagione di Santos non lenirà di certo i dubbi e le domande che questa vicenda ha suscitato. Nessuno tocchi Caino, ricordate? E questa volta anche Ken preferisce non conoscerla questa verità… perché, qualunque essa sia, alle volte ha un sapore troppo amaro. So long.

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Messaggio Da Ospite Mar 01 Nov 2016, 17:17

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DI BERARDI E POLESE (48)

Razza Selvaggia è una storia tra gli indiani e con gli indiani, una di quelle vicende legate alle tradizioni dei nativi, alle loro usanze e superstizioni. Più un pizzico di sacralità. Il tutto perfettamente condito da Berardi, sceneggiatore di questo episodio, sorretto dai bei disegni di Polese, a suo agio con le ambientazioni del South Dakota. Ken ha lasciato i territori del Sud-Ovest per collaborare insieme a un gruppo di eterogenei personaggi   – un po’ come in Uomini, bestie ed eroi –  alla ricerca di un gruppo di cavalli selvaggi da catturare e poi vendere. Il cuoco Goldie, il meticcio Nick, a cui hanno tagliato la lingua, e l’ingenuo Sid che vuole sposare Betsy, danno quel tocco da commedia a una vicenda che pure pone interrogativi sul rapporto tra indiani e uomini bianchi. Le vicende di Ken e del suo piccolo gruppo s’intrecciano con quelle del giovane Otomi, indiano alla ricerca di una visione che possa permettergli di diventare un guerriero e prendere in moglie la bella Fiore di Luna. E la cattura dello stallone nero, uno splendido e raro cavallo, serve a Berardi per raffigurare metaforicamente la cosiddetta questione indiana. Infatti, nel finale di Razza Selvaggia, Otomi si chiede se il destino del suo popolo sia “quello di finire domati in un recinto”. E la risposta a questa domanda la danno proprio Betsy e il suo fidanzato quando decidono di lasciare libero lo stallone nero, cavallo che rappresentava economicamente la dote per il loro matrimonio, perché, come giustamente afferma Sid, “non è giusto che si debba costruire la propria felicità sull’infelicità degli altri”. So long.

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Messaggio Da Ospite Mar 15 Nov 2016, 18:03

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DI BERARDI, MANTERO E TARQUINIO (49)

In una serie come questa ci si può imbattere anche in un episodio semplice, privo di approfondimenti psicologici e temi sociali. Apparentemente Rosso sangue appartiene a quella categoria di storie che, in altri serial fumettistici, vengono chiamate "riempitivi". Ma avercene di riempitivi come questi. Ken Parker diretto verso Boston per incontrare il suo figlioccio adottivo, si aggrega su un battello che costeggia l’Arkansas River. In questa, come in altre avventure “fluviali”, i battelli non sembrano portar fortuna al nostro eroe – basti pensare a La Regina del Missouri – tanto che sarà coinvolto suo malgrado in una rapina con tanto di banditi travestiti da soldati. Ma Lungo Fucile ha la pelle dura e, sopravvissuto all’agguato, incontra Tony Brise, il solito scavezzacollo abile con le carte che lo fa entrare nella banda di Helmer Cohen. E se come dicevo Rosso sangue apparentemente (solo apparentemente) è un episodio come tanti, gli autori ci regalano un’inedita versione di Ken che, in quest’avventura, si finge un bandito e s’infiltra nella banda. Una sorta di Gilas alla Tex Willer. Ed è proprio grazie alle indagini del nostro eroe, affiancato dalla solita prostituta in cerca di quattrini, che la banda Cohen sarà sgominata e il traditore in seno all’esercito sarà scoperto, rivelando la sua identità. Un’identità che è costata tanto sangue… rosso, come sempre. So long.

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Messaggio Da Ospite Mar 15 Nov 2016, 18:19

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DI BERARDI, MILAZZO, POLESE, AMBROSINI E TREVISAN (50)

Berardi è uno sperimentatore. L’ha fatto con Omicidio a Washington realizzando la prima doppia splash page in un fumetto bonelliano, poi abolendo le didascalie e umanizzando personaggi e protagonisti. E proprio in merito alla sua aria rivoluzionaria e alle scelte di scrittura l’autore ci dice: La grammatica di sceneggiatura è opera mia, quindi mi arrogo anche il diritto di trasgredirla, se lo ritengo opportuno. E di trasgressioni all’egocentrismo dell’eroe ce ne sono in questa saga, soprattutto in Adah, dove assistiamo, per la prima volta in un fumetto della Bonelli, che il protagonista seriale viene messo da parte. E lo stesso accade anche in un albo meraviglioso come Storie di soldati che ci mostra come all’autore i ritmi e le regole della serialità gli stiano in qualche modo stretti. Ma questa storia è ancora più speciale perché c'è Ambrose Bierce, scrittore americano realmente esistito. Come Boselli farà anni dopo con Poe (pur riservando giustamente al nostro Zagor l’epicentro dell’azione), Berardi lascia gioco a Bierce, che nella sua sceneggiatura diventa l’assoluto mattatore. Delle quattro storie narrate davanti all'immancabile fuoco di un bivacco c’è spazio per impiccati che non vogliono morire, soldati apparentemente invulnerabili, figli che ammazzano i padri... tutto immerso nell’atmosfera pregnante della Guerra Civile americana che fa da sfondo alle vicende. Ambrose Bierce e Ken Parker si lasciano poi andare a un dialogo sul senso della scrittura e della fantasia in quella che è una storia celebrativa, ma che, non a caso, è pure il cinquantesimo albo della serie. Un albo simbolico, sotto certi aspetti, in cui disegnatori come Milazzo, Ambrosini, Polese e un "magico" Trevisan riescono a rendere autonome ogni novella ambientate tra l’Alabama e il Tennessee, rendendo la sceneggiatura berardiana a tratti memorabile. Una storia da leggere, dunque, e ricordare perché se come dice lo stesso Bierce “per me la morte è il nulla, la negazione dell’esistenza”, così Berardi ci dice che la vita invece ha il sapore della finzione narrativa e che ricordando queste e altre storie potremo dare senso non solo a noi stessi ma anche a personaggi di fantasia – ma forse sarebbe giusto dire uomini – come il nostro Ken. So long.

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Messaggio Da Ospite Mar 15 Nov 2016, 18:32

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DI BERARDI, MANTERO E POLESE (51)

In questa fase della sua vita Ken è a un nuovo bivio che avrà per lui conseguenze estremamente dolorose nelle prossime storie. In viaggio per raggiungere Boston, il nostro eroe è a bordo di una diligenza diretta a Stockton. Con lui viaggiano i soliti, eterogenei personaggi berardiani: Amos J, Clay, farmacista, Violette Flaubel, la ballerina, e Steven J. Hackett, il venditore di stoffe. La sceneggiatura di Mantero sviluppa su due piani differenti: da un lato una cittadina come Stockton che ha assoldato un pistolero per sgominare i temibili fratelli Burden, dall’altro l’affascinante figura di Stewart Morrison, giornalista, editore, e redattore del “Monitor”, giornale che vuole mostrare ai cittadini che quella della violenza non è l’unica strada percorribile per ottenere giustizia. In mezzo, come sempre, il nostro Ken, che viene scambiato per il famoso pistolero dando vita a un siparietto comico divertentissimo e che dovrà risolvere a mdo suo le cose per riportare l’ordine a Stockton City. E nonostante non sia coinvolto in prima persona, Lungo Fucile non esita a schierarsi al fianco di Morrison, questa simpatica figura di giornalista, salvandolo da un agguato: il classico incendio alla redazione del giornale vista in vecchi albi del Tex di GLB. In Prossima Fermata: Stockton Ken s’imbatte anche nella vera identità del pistolero e, come spesso accade nelle storie parkeriane, la verità non è mai o nera o bianca, ma può essere anche grigia. Nelle sfumature di questa storia dunque assistiamo a un Ken inorridito dai cittadini di Stockton e, com’era già avvenuto in albi quali Il giorno in cui bruciò Chattanooga o nel bellissimo Cronaca, anche loro possono essere degli inconsapevoli protagonisti. Protagonisti d’ipocrisia però. So long.

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Messaggio Da Ospite Mar 15 Nov 2016, 19:02

La tua sta diventando un'opera monumentale, Guitar Jim. pirat pirat pirat

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Messaggio Da GIOB225 Mar 15 Nov 2016, 23:30

Sono d'accordo!
In effetti è un peccato che rimanga confinata in questo topic.
Sarebbe bello raccogliere tutto in un volumetto o in pdf o altro... Oppure, esagerando, si potrebbe pensare, in futuro e con qualche altro argomento od arricchimento, ad una cosa tipo "Zagorianità presenta ken parker"....
In ogni caso veramente  un grande lavoro!   pirat
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Messaggio Da doctorZeta Mer 16 Nov 2016, 00:39

Mi unisco anche io ai complimenti, soprattutto per il gran lavoro che c'è dietro

_________________________________________________
SENZA ORSATO CHE JUVE SAREBBE?

E ti sta parlando un Bonelli-dipendente...
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Messaggio Da Ospite Mer 16 Nov 2016, 11:13

Troppo buoni. Grazie mille.

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Messaggio Da Ospite Ven 25 Nov 2016, 14:08

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DI BERARDI, MANTERO, AMBROSINI E CASERTANO (52)

La collera di Naika è la storia di un padre e di un figlio, di usanze e tradizioni indiane, di famiglia e genitori. Tutto inizia quando un bimbo rapito dai Kiowa viene ritrovato dai bianchi che, in modo inconsapevole e compiendo l’ennesimo eccidio, gli ridanno una presunta libertà. Una libertà che costerà loro cara e che costringerà Naika a cercare il piccolo Jimmy e a infierire sui coloni bianchi. Ken, Theresa Ritter e Cotton, sono gli unici coraggiosi che, a bordo di una diligenza, abbandonano Culver City per raggiunger Fort Lyon insieme a Jimmy. In quest'albo ogni personaggio ha un dilemma, qualcosa di irrisolto: Theresa, che cerca di raggiungere il suo compagno a Fort Lyon per mettere su famiglia; Cotton, che da ex militare, deve congiungersi con un figlio in cui i rapporti non sono stati mai idilliaci; e, infine, il nostro Ken, che deve raggiungere Boston per riallacciare i contatti con il suo figlioccio, e riannodare un legame che non si è concretizzato nel finale di Chemako. Ma il tema preponderante della vicenda resta l’atteggiamento di Naika, la sua fierezza, la sua collera e i suoi tentativi di riprendersi qualcosa di suo, una “proprietà” nella concezione atipica che gli indiani avevano degli uomini e delle cose. Ma questa storia, oltre a offrire sparatorie, inseguimenti e momenti di tensione, è una continua lotta per la sopravvivenza. Memorabile la scena della cascata, con la diligenza che diventa un traghetto sballottato dalle acque e meravigliosamente disegnata da Ambrosini un autore sempre più a suo agio con la serie, e coadiuvato da un esordiente Casertano. I poveri superstiti, compreso Jimmy, riusciranno a raggiungere Fort Lyon, ma per Theresa e Cotton non ci sarà il lieto fine. In una vicenda tragica e amara come questa, però, Mantero offre un messaggio di speranza: entrambi disillusi, Theresa e Cotton decideranno di unirsi e trascorrere parte della loro vita insieme. Oltre ad adottare il piccolo Jimmy. E se alla fine a essere sconfitto è proprio Naika, che ha perduto la "sua" famiglia, in quest’avventura se ne è formata un’altra. Ed è con questo proposito, con questa voglia d'intensa paternità di cui parlavo all’inizio, che Lungo Fucile vuole raggiungere Boston. So long.

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Messaggio Da Ospite Ven 25 Nov 2016, 14:19

KEN PARKER - Pagina 22 Kp5310

DI BERARDI E TREVISAN (53)

I Pionieri è la classica sceneggiatura perfetta, un episodio in cui ogni elemento, ogni scena, ogni vignetta, è sorretta da una rigorosa precisione stilistica che impressiona. Ormai Berardi è legato a una sintesi narrativa che è all’apice creativo di questa sua prima parte della produzione kenparkeriana. E come autore, dopo i fasti di Adah, riesce a delineare al meglio la psicologia di un altro complesso personaggio femminile come Sarah Andrews. La sua schizofrenia, i cambi d’umore, la sua femminilità diventano vividi e reali, ma tutto questo grazie anche al pennello e al tratteggio di Trevisan che dà a questa figura narrativa, e a tutta la storia, una dimensione profonda, recitativa, quasi intimista. I Pionieri è pure la vicenda di una famiglia che ha la fortuna di confrontarsi e incontrare un eroe profondamente umano come Ken. Ma Berardi ci mostra gli sforzi che deve fare un uomo per mandare avanti una fattoria, la ricerca di un pozzo d’acqua per irrigare i campi e rendere viva la terra. Una terra che chiede il suo tributo, un tributo fatto di privazioni e sofferenze. In questa storia il nostro eroe racconta a Sarah – che non è insensibile ai suoi sentimenti – il suo passato, sintetizzando in pochi dialoghi le vicende narrate in Chemako, e affrontando la tematica religiosa. I Pionieri, in fondo, è anche una storia su Dio, il Creatore della terra e di tutte le cose, oltre a essere un piccolo tributo alla tematica della paternità già sfiorato nell’albo precedente e che si concretizzerà in Boston. Alla fine, però, così com’era giunto alla fattoria, Ken abbandona gli Andrews favorendo in qualche modo la riconciliazione tra Harvey e Sarah. Un commiato, il suo, fatto con stile e senza proclami, in silenzio (come quella magica canzone di Simon & Gurfunkel che potrebbe essere l'ideale colonna sonora di questo episodio) e con la consapevolezza di chi ha compiuto la cosa giusta, di chi, senza voler nulla in cambio, se ne va verso il proprio destino. Quanti di noi nella vita possono vantarsi di aver incontrato un uomo simile? So long.

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Messaggio Da doctorZeta Ven 25 Nov 2016, 14:23

Il finale di "La collera di Naika": E vissero felici e contenti... Ahahah

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Messaggio Da chinaski89 Ven 25 Nov 2016, 14:26

doctorZeta ha scritto:Il finale di "La collera di Naika": E vissero felici e contenti... Ahahah

Non l'ho capita questa Surprised
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