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Messaggio Da doctorZeta Mar 31 Ago 2021, 18:56

WALT DISNEY - Pagina 14 Topvenezia

Ecco l'anticipazione del Gazzettino della regata citata nell'editoriale

Ps: caro Gazzettino, quella non è una striscia, ma una vignetta...

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Messaggio Da claudio57 Mar 31 Ago 2021, 19:14

doctorZeta ha scritto:
 caro Gazzettino, quella non è una striscia, ma una vignetta...
ma secondo te  al Gazzettino  la sanno la differenza tra striscia e vignetta?  Surprised
ne dubito   *.*
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Messaggio Da doctorZeta Mer 01 Set 2021, 19:56

I personaggi Disney
come non li avete mai visti

 

Una parodia cinica dei classici dell'animazione
in una serie di sketch irriverenti.

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Un'eccentrica, folle e divertente raccolta di parodie dell'universo Disney e dei personaggi più amati del mondo dell'animazione in oltre 100 coloratissime ed esilaranti pagine. Il black humour degli autori Alexandre Arléne, Gyom e Mista Blatte sovverte i codici tradizionali tanto cari ai classici disneyani lasciando spazio a un cinismo del tutto insolito per i personaggi che hanno segnato l'infanzia (e non solo) di milioni di persone in tutto il mondo.

Da Topolino a Tarzan, da Biancaneve ad Alice nel paese delle meraviglie e ancora cult come Il Re Leone e Nightmare before Christmas e i più recenti Frozen e Up, tutti deformati dall'umorismo e dallo stile caricaturale degli autori francesi. 

Un volume dissacrante, «Freaky Mouse», che in maniera anche spietata sostituisce il buonismo tipico di certi film e storie, e dei loro protagonisti, con una sana dose di sarcasmo.



Disponibile su edizioninpe.it con spedizione gratuita.
In libreria dal [url=geo:0,0?q=9 settembre 2021]9 settembre 2021[/url]

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Messaggio Da claudio57 Ven 03 Set 2021, 14:28

Io sono Macchia Nera - intervista a Marco Nucci | Lega Nerd
Ad agosto il settimanale Topolino ha regalato ai suoi lettori una delle più interessanti storie dedicate all'iconica nemesi di Topolino
DI ALESSANDRO MERCATELLI
Le letture estive dei fan di Topolino sono state turbate dall’inquietante storia “Io sono Macchia Nera”, pubblicata sui numeri 3429 e 3430 del settimanale e, come suggerisce il titolo, dedicata al ritorno in pompa magna di uno dei villain più caratteristici di tutto il panorama Disney mondiale.
Macchia Nera (Phantom Blot in originale), nasce per mano del celebre disegnatore Floyd Gottfredson e appare per la prima volta nel 1939 sulle strisce quotidiane scritte per mano di Merrill De Maris, nella storia Outwits the Phantom Blot, in Italia tradotta come Topolino e il mistero di Macchia Nera.

Nella sua prima incarnazione il personaggio segna in maniera indelebile l’immaginario dei lettori Disney a causa della particolare efferatezza dei suoi crimini, caratterizzati dall’impiego di complessi macchinari letali e da un approccio persecutorio in cui la presenza del villain, pur rimanendo sullo sfondo, crea sempre un’inquietudine e una tensione degna dei migliori polizieschi.
Dopo una pausa di oltre 15 anni Macchia Nera ricompare nel 1955 nella storia realizzata in Italia da Guido Martina e Romano Scarpa dal titolo Topolino e il doppio segreto di Macchia Nera per poi divenire un nemico ricorrente di Topolino a partire dal 1960 con la sua terza apparizione avvenuta sempre in Italia nella storia Topolino e il re dei mendicanti, in cui il personaggio viene presentato come il capo della malavita di Topolinia.
A 82 anni suonati Macchia Nera può vantare il titolo di uno dei nemici più longevi di Topolino, sebbene nel corso della sua lunga carriera criminale la figura si sia gradualmente modificata per reggere il confronto con l’evolversi dei gusti e delle esigenze del pubblico, la recente storia pubblicata sul settimanale Topolino disegnata da Casty e sceneggiata da Marco Nucci si caratterizza per un’atmosfera di profonda inquietudine e mistero che lascia il lettore senza un vero e proprio epilogo.
Abbiamo avuto modo di scambiare qualche battuta con Marco Nucci che ci ha raccontato i retroscena di questo gradito e inquietante ritorno.
ATTENZIONE – l’intervista contiene inevitabili spoiler sulla trama della storia pubblicata sul settimanale Topolino
Con la tua storia sei stato in grado di suscitare un grande alone di inquietudine nei lettori, immagino che fosse proprio questo il tuo obiettivo.
L’esigenza iniziale, a parte l’ovvio e palese intento di far rinascere macchia nera come genio nefasto e crudele, ma soprattutto spettrale, è sempre stata quella di lasciare la storia in sospeso.
La compiutezza del racconto si raggiunge semplicemente con il ritorno del personaggio perché era importante che non venisse acciuffato.
Ho cercato di fare tutto ciò in modo più raffinato e originale, certo ho rischiato perché rimanere nei classici canoni disneyani è molto difficile se si vuole fare qualcosa di differente.
Rimuginando sulla sceneggiatura ho pensato che la divisione in due episodi fosse l’occasione per giocare meglio con il lettore. Ad un primo episodio più classico, dove assistiamo alla presentazione del diabolico piano ordito dal cattivo, ho fatto seguire una seconda parte dove il mistero viene svelato quasi immediatamente ma segue una lunga coda.
Mi sono ispirato al finale del film dei Fratelli Coen “Non è un paese per vecchi” nel quale troviamo un anti climax dove nonostante il colpo di scena finale il film va avanti per 40 minuti con una tensione crescente.
L’avventura di Topolino di fatto termina a pagina 20 ma seguono altre 12 pagine in cui il lettore si aspetta che Macchia Nera riappaia, invece la storia finisce lentamente illudendoti che ci sia ancora qualcosa da raccontare ma rimane solo la sensazione di un suo ritorno.
Tu e Casty avete lavorato anche sull’aspetto del personaggio. Puoi raccontarci quale direzione avete preso?
Riguardo al look avevamo pensato ad accorgimenti differenti, eravamo partiti da un’idea più di rottura, ma riflettendoci, dovendo riportare in auge un personaggio così iconico abbiamo scelto di non discostarci troppo dal classico.
Ci siamo comunque concessi una licenza insendo questo inquietante sorriso “a lama” che Casty nella seconda parte ha fatto debordare, su mia indicazione, come segno per distinguere il Macchia Nera nuovo dall’altro.
Del resto ho raccontato una storia che parla di confusione dei sensi, di stordimento e quel sorriso può essere un’ombra così come un’illusione ma quel che importa è che esso rappresenta il più classico punto di rottura che si verifica con i fumetti dove la sospensione dell’incredulità permette al lettore di decidere l’interpretazione che vuol dare all’immagine.
Un’altra scelta studiata è stata quella di non mostrare mai il volto di Macchia Nera privo della maschera. Sebbene la sua faccia risulti essere altrettanto iconica, ho pensato che sarebbe stato molto più inquietante mostrare il minimo indispensabile, pochi dettagli per far capire la malvagità del personaggio sotto al costume.
Se ci pensi anche il “minutaggio” complessivo è ridotto all’osso: per tutta la prima Parte Macchia Nera appare in una sola tavola e nella seconda appare dopo 16 pagine per poi scomparire alla vista…ma rimane ugualmente! La sua assenza è più pesante della sua presenza
Hai avuto difficoltà nel rappresentare le sensazioni che volevi suscitare nel lettore?
Quando ho saputo che il disegno sarebbe stato affidato a Casty ho fatto i salti per la gioia perché il suo Topolino a mio modo di vedere è perfetto. Lo stile di Casty fa sì che questa storia, assolutamente sui generis per le tematiche trattate, risulti perfettamente “canon” nello stile.
Il tratto permette di mantenere un un perfetto equilibrio tra lo stile Disney e l’impianto narrativo che costituisce il vero e proprio punto di rottura con il canone perché di fatto si tratta di un racconto privo di una vera fine.
Non è mai semplice la stesura di un soggetto che pur suggerendo la continuazione in un altro episodio riesca ugualmente a saziare il lettore e spero proprio di essere riuscito a trasmettere questa sensazione alla fine.
A ben pensare sarebbe un concetto molto semplice se raffrontato all’interno dei classici canoni Disney: se il cattivo è a piede libero la storia non è finita quindi proporre una simile storia, considerate anche le dinamiche editoriali non è semplice ma se avessimo concluso la vicenda con la cattura di Macchia Nera avremmo fatto le spalle grosse per poi ritirarci all’ultimo momento ma non era questo il mio obiettivo.
Ho letto alcuni commenti sui social e posso capire che alcuni lettori classici provino frustrazione nella mancanza di un vero e proprio finale, ma come ho già detto, il finale sta nel ritorno dell’iconico cattivo, per questo nella seconda parte del racconto, mi sono preso il lusso di raccontare più un’atmosfera che una storia vera e propria che permettesse di consegnare l’antagonista al lettore ma non alla giustizia.
Oltre al cinema dei Coen c’è qualche altra fonte che ha fornito ispirazione?
Mentre realizzavo la sceneggiatura della tavola in cui vediamo Topolino vinto da un Macchia Nera dominate ho pensato a Frank Miller e alle sue splash page indimenticabili! E’ una scena che pur essendo profondamente di rottura rimane graficamente canon.
Per sottolineare che Macchia Nera è la nemesi di Topolino ho voluto ambientare la sfida finale sulle cascate, proprio come avviene nel più famoso degli scontri tra Sherlock Holmes e il professor Moriarty.
Anche la città di Mousetrap è una citazione, un chiaro riferimento ad Agatha Christie: è un luogo che ho già usato altre volte, il paese delle cose misteriose e non è detto che in futuro Topolino non si trovi costretto ad indagare proprio in quel luogo.
La storia è improntata sul concetto di perdita della memoria, del dimenticarsi di ciò che è importante, il tutto a causa dell’effetto allucinogeno di una pianta, un concetto non proprio in linea con i più recenti standard disneiani. Da dove nasce questa scelta?
In una storia Disney puoi parlare di tutto ma mai in modo diretto. Un personaggio può morire,  è sufficiente dire che è partito e non tornerà più per far capire il concetto. Si deve comprendere che per rimanere all’interno degli standard si deve fare una gimcana attraverso argomenti che, com’è giusto che sia, sono tabù.
Questo percorso ad ostacoli porta inevitabilmente allo sviluppo di nuove idee.
Quando ho iniziato a lavorare sul soggetto ho pensato subito al fatto che se torna Macchia Nera non gli puoi far rapire Minny perché è talmente chiaro che non potrà farle del male che alla fine non si riesce a creare la giusta suspense nel lettore.
Dovevo fargli fare qualcosa di estremamente potente, e ho pensato che una graduale perdita di memoria e il senso di paranoia che ne derivava potesse essere molto spiazzante. Alla fine ho scelto di realizzare una tortura psicologica con un Macchia Nera che osserva compiaciuto da lontano la perdita di consapevolezza che sta causando.
Ho voluto giocare su due piani paralleli: Topolinia si era dimenticata di Macchia Nera così come lui stesso, a causa del graduale abbandono di interesse nei propri confronti, ha finito col dimenticarsi del suo lato criminale. La sua vendetta parte da lì e si compie cercando di togliere i ricordi ai cittadini di giorno in giorno sostituendosi così alla memoria del quotidiano.
E’ un processo simile alla vecchiaia che giorno per giorno fa sì che ci si guardi allo specchio ma quando si rivede una foto di tre anni prima si rimane stupefatti. Non è un caso che la prima amnesia colga Topolino nel momento in cui riceve un’onorificenza. Di fatto si tratta di un momento in cui ci si sente vecchi perché si va a ripercorrere una carriera. Tanto Macchia Nera quanto Topolino vengono rappresentati in un momento di crisi, e questa simbiosi va avanti per tutto l’arco narrativo.
Nel prossimo futuro ti troveremo ancora dietro a Macchia Nera?
Non posso dire nulla per ora, ma in un futuro io e Macchia Nera avremo ancora a che fare l’un l’altro, le nostre strade si incroceranno di nuovo e spero proprio di cavarmela!
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Messaggio Da doctorZeta Sab 04 Set 2021, 00:54

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Messaggio Da doctorZeta Sab 04 Set 2021, 18:05

Topolino 3432

«La parte più difficile dello scrivere per mestiere è proprio la prima, quella più creativa, quella, cioè, in cui si ha la necessità di avere una buona idea e di lavorarci sopra per svilupparla. Quindi dove si trovano queste idee? Dappertutto». È con queste parole che Sergio Badino commentava le “fasi del fumetto” nel primo capitolo di un suo fortunato manualetto di sceneggiatura pubblicato da Tunué nel 2007.
La missione di ogni autore, del resto, è comunicare al proprio pubblico qualcosa di eterno o perennemente reiterato, il classico, ma con uno sguardo nuovo e con l’attenzione a quel determinato particolare o a quella singola circostanza che possano ridestare l’attenzione dei più.
Il ritorno dello sceneggiatore genovese, decisamente prolifico su Topolino nel primo decennio di questo secolo e poi quasi del tutto assente nel secondo, con una storia di copertina in quattro puntate, per di più disegnata da una delle principali firme disneyane di casa nostra, è da seguire con una certa attenzione. Se è vero, tornando all’assunto “badiniano”, che le idee sono dappertutto, è altrettanto assodato che le stesse debbano essere sufficientemente buone per poter essere ricordate in seguito.
Date le avvisaglie, Siamo serie! sembra corrispondere appieno all’identikit: un’intuizione solida che si intreccia alla perfetta riconoscibilità dell’argomento trattato da parte del pubblicoIn una precedente recensione, sostenevo che una delle parole d’ordine dell’attuale corso di Topolino fosse l’intraducibile relatability: settimana dopo settimana, questo concetto si rafforza e continua a costituire la base del progetto editoriale bertaniano.
Una parola “nuova” applicata ad una consolidata tradizione, dato che la necessità di parlare della società alla società stessa è uno dei cardini della pluridecennale vis satirica dei migliori fumetti Disney.
Il legame stesso tra Topi e Paperi e il piccolo schermo è strettissimo, essendo l’intrattenimento televisivo una costante che ha unito diverse generazioni dai primi anni Cinquanta a oggi, con formule nuove e diverse, notevoli capacità di adattamento e di evoluzione.
Ma, se negli anni Novanta l’esigenza era quella di prendere platealmente per i fondelli il mondo delle soap strappalacrime attraverso l’ormai iconica Papernovela o anche la pikappica Patemioggi il discorso si fa più complesso e articolato.
In risposta ad un mercato fiorente che trabocca di serie TV, linee narrative orizzontali e verticali, lore e continuity, fedeltà alla linea da parte degli abbonati alle varie piattaforme streamingBadino trova una buona idea e propone una vivace e per ora riuscita satira di costume, ben supportata dai disegni di Silvia Ziche.
Il transfert con le vicende del Papero del mistero, però, sembra finire qui dato che l’interesse dell’autore si focalizza prevalentemente sul dietro le quinte del processo creativo, dalla scrittura alla messa in scena, e così via. Siamo quindi un po’ a metà tra la piacevole e azzeccata ironia – specie su due serie di grande successo popolare, qui opportunamente disneyanizzate in L’amaca geniale e Tanto ebbi – e la narrazione più o meno “didattica”.
Nella prima puntata, infatti, dall’eloquente titolo Com’è dura la scrittura, si ritrovano i concetti che Badino esprimeva nel suo Professione sceneggiatore e si parla della difficoltà di mettere insieme più menti e sensibilità nella cattura e gestione delle idee. Non manca naturalmente il classico, e mai parco, uso del calembour alla disneyana, per cui ad esempio i buchi di sceneggiatura sono un concetto fisicamente visibile, ma alla fine il risultato è gradevole e, soprattutto!, incuriosisce spingendo a volerne sapere di più sulla produzione della serie TV targata PdP, passo dopo passo.
La sinergia con la Ziche in questo caso funziona molto bene e riporta alla memoria i buoni risultati ottenuti da quest’ultima in collaborazione con Marco Bosco qualche anno fa. In un certo senso, affidare alla disegnatrice veneta una storia imbevuta di riconoscibile parodia della realtà è stata una scelta quasi obbligata, e non solo per il ricordo della Papernovela o della meno celebrata Rivondosa.
Quello della Ziche del resto è un nome che automaticamente richiama il senso della satira. Resta solo da vedere, nelle prossime tre settimane, se lo scalcagnato gruppo di lavoro coordinato dalle showrunner Paperina e Chiquita raggiungerà il risultato cui sembra voler puntare già da ora. Da sottolineare, infine, un’attenzione non stereotipata ai personaggi femminili.
Paperbridge di Marco Gervasio, nel frattempo, continua a rispondere al richiamo della continuity serrata, strizzando l’occhio a un certo tipo di lettori affascinati dalle citazioni, da Méliès a Barks.
Giunti al secondo episodio di questa “seconda stagione”, a prevalere è una chiara volontà di approfondire le relazioni tra i giovani personaggi, mentre il villain recuperato e riadattato per l’occasione sembra ancora un po’ sacrificato, per quanto si stia comunque creando una discreta attesa nei suoi confronti. Il cliffhanger con cui si concludeva la precedente serie di Paperbridge aveva messo una certa curiosità per il “professor” Cuordipietra Famedoro, ma qui si è visto poco per ora, se non una sua scarsissima propensione all’insegnamento.
La chiara copertura per biechi fini da parte dell’infido sudafricano, infatti, serve al momento a rimescolare le carte tra le amicizie e le rivalità interne al gruppo di paperi che ruotano attorno al giovane Quackett: l’inserimento di Roger Barkserville riporta alla mente un episodio della serie incentrata sulle gesta di Fantomius, ma bisogna ancora vedere dove si andrà a parare con questa relazione pericolosa tra il nerosopraccigliato(!) Cuordipietra e il rampollo in questione.
Il sense of mystery se non altro è ben dosato nelle scene ambientate nel famigerato “lato oscuro” del college, specialmente per quanto riguarda l’intrappolamento di Quackett nella biblioteca segreta collegata alla scena del… Krimen (si passi la battutaccia); in più vari tasselli cominciano a posizionarsi. Ma ciò che è più interessante, come detto, sono le interazioni tra i giovani paperi su cui Gervasio sta costruendo una vera e propria mitologia, e su questo è forse d’uopo spendere qualche parola.
L’idea di Paperbridge strizza evidentemente l’occhio al successo che la narrativa young adult e gli stessi teen drama hanno avuto nel corso degli ultimi decenni: la sensazione di trovarsi in una sorta di Hogwarts disneyana è sempre più forte.
Non ci sono «sventolii di bacchette o stupidi incantesimi» in questo caso, ma la quotidianità scolastica, i sospetti nei confronti di insegnanti più o meno loschi, le ali segrete e proibite della scuola, per non contare le frequenti avventure notturne in orari proibiti riportano tantissimo a Harry Potter.
Il tutto, naturalmente, mutatis mutandis: l’opera di J.K. Rowling è stata epocale e quasi identitaria per la generazione dei millennial, mentre qui stiamo parlando di un progetto autonomo e indirizzato a un target potenzialmente diverso, più vicino ai nati dopo il 2000 e al loro modo di fruire i prodotti di intrattenimento.
Ciò detto, però, Gervasio compie delle scelte intelligenti nell’attenzione al worldbuilding in cui fa muovere il giovanissimo Quackett, nel tentativo di sedurre anche chi viaggia sulla trentina e più. Il fatto stesso che ci sia stata questa “seconda stagione” è certamente indicativo del favore che Paperbridge ha riscosso nel 2020 tra i lettori di Topolino, senza particolari o nette distinzioni di età.
Ma è proprio per questo motivo che, al contempo, stupisce un’affermazione di Bertani nel suo editoriale: è come se si intonasse un inaspettato De profundis con quel «mettere definitivamente la parola fine». È un fatto che sorprende, e molto, soprattutto perché siamo a un solo episodio dalla conclusione; lo stesso Cuordipietra, come si diceva, non si è ancora mostrato per quello che è davvero e queste due puntate suonano ormai come delle lunghe introduzioni volte prevalentemente a destabilizzare le acerbe e impulsive sicurezze di Quackett.
Sicuramente Gervasio ha ancora le sue carte da giocare, ci sta abituando nel corso degli ultimi anni a piacevoli guizzi; a noi non resta che aspettare qualche altro giorno per leggere l’episodio finale, Il segreto di Famedoro, e per trarre un bilancio sull’esperimento Paperbridge.
Ciò detto, guardando alle altre avventure in sommario, è impossibile non riflettere sul contesto in cui Topolino 3432 si ritrova. Ai fumettistici bagordi di agosto (in cui ci si è inebriati – si spera – anche di vino e di calore) risponde un settembre che principia, senza continuare con la citazione cantautorale, con un non troppo vago senso di transizione.
La serialità che caratterizza più di ogni altra cosa la vision del nuovo Topolino è anche qui presente, lo abbiamo visto con le prime due storie, ma si impone in maniera meno preponderante rispetto ai mesi scorsi. Ed è anche giusto così: dopo un’estate densa di ritorni (Pezzin e Macchia Nera) e di addii (Reginella) bisogna rallentare il passo per riprendere un po’ il fiato in vista, ad esempio, dell’imminente Ducktopia.
Ma si parlava di transizione: tutte le altre storie presenti in quest’albo vanno esattamente in quella direzione per confezionare un numero “nella media”, senza particolari virtuosismi, tradizionale nella sua impostazione scanzonata. Fa quindi piacere rivedere i nomi di due validi autori già pilastri del settimanale: Rudy Salvagnini e Alessandro Sisti sono gli sceneggiatori di due brevi intermezzi umoristici al centro dell’albo.
Nel primo caso, Salvagnini mette su una gradevole vicenda che ruota attorno al solito cimelio di un altrettanto solito bis-bis di Pippo: un LP che, come effetto collaterale, fa dire verità altrimenti impronunciabili. Qualcosa di già visto nella terza storia di Mister Vertigo ma che, declinato in modo diverso e in poche tavole, risulta meno farraginoso e più coinvolgente: un cortocircuito di quartiere con Topolino, Orazio e lo stesso Pippo che, ignari, si arrabattano per ascoltare la Polka del fachiro.
Da segnalare, oltre ai disegni di un ispirato Blasco Pisapial’umorismo sugli atroci cappellini di Minni, retaggio di un’antica e forse rassicurante ironia che trova le sue radici nelle strisce di Gottfredson. Idee semplici ed eterne, insomma, ma utilizzate con gran tecnica.
Altrettanta abilità emerge con garbo dalla breve di Sisti disegnata da Federico FranzòZio Paperone e lo sperpero contagioso è il primo capitolo di una miniserie incentrata sul mondo dei social media e sulle insidie che la comunicazione digitale, nella sua immediata capacità di produrre fraintendimenti, può comportare. Ed è bene che si recuperi ogni tanto anche questo modo di usare i personaggi Disney per costruire storie in qualche modo educational che possano portare i lettori a ragionare sulla propria quotidianità ridendo delle sventure, in questo caso, del vecchio papero.
social media chiamano a gran voce le tecnologie digitali in un susseguirsi di rimandi tra una storia e l’altra, dato che il nuovo episodio della (non troppo amata) serie Young Donald Duck ruota attorno a magagne scolastiche con PC e database. Il registro utilizzato da Alessandro Ferrari in Errore di sistema vira però con decisione verso l’umorismo più genuino, supportato dalla sapiente regia di Stefano Intini.
La storia è di per sé molto semplice ma, seguendo una tendenza inaugurata in Quando il preside è in vacanzaporta la serie a un livello molto più alto rispetto a quanto letto in passato. I personaggi stessi, a partire dai giovanissimi Paperino e Topolino, sembrano molto più naturali nelle loro azioni e le gag che ne vengono fuori non suonano forzate o fuori luogo: è Disney puro e semplice pensato per un mercato internazionale, divertente, senza eccessive sovrastrutture e funzionale nella messa in scena.
Il lungo percorso attraverso la riposante medietas dell’albo si conclude tornando alla più disneyana tra le città italiane, sempre più che celebrata sulle pagine di Topolino. È infatti Venezia, in perfetto sincrono con l’apertura della mostra del cinema, a fare da sfondo a una storia di Roberto Gagnor e Valerio HeldMinni gondoliera e la grande regata del doge. La trama è quasi tutta lì, nel titolo, ed è estremamente modulare e rodata nel suo svolgimento anche per via di un setting tutt’altro che raro da trovare sul settimanale.
Seguendo un percorso legato alla riscoperta di antiche usanze della Serenissima, che va da Scarpa a ChendiGagnor muove a mestiere i personaggi, Minni in testa, in un susseguirsi di eventi che per vari motivi rimandano al suo approccio alla storia dell’arte: un contesto storico preciso, arricchito da elementi utili a rendere credibile il tutto come una certa attenzione a luoghi e scorci cittadini, al dialetto, alla società. Nel complesso è una buona avventura in costume nonostante alcune “gagnorate” nonsense, ormai una cifra stilistica, come il “polenta-break” o l’“hoverpipp”: trovate che possono lasciare… F4 durante la lettura

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Messaggio Da claudio57 Mar 07 Set 2021, 12:41

Editoriale di Topolino 3433 e anteprima del numero in edicola la prossima settimana:
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Messaggio Da claudio57 Mer 08 Set 2021, 11:49

Ho preso Topolino 3433 solo per il gadget: il notebook, lo confesso
ormai Topolino è un contenitore di storie quasi escusivamente a puntate.
di una delle 3 storie a puntate presenti nell'albo "Paperbride" nell'ultima tavola, prima della parola "fine" riporta:
"non andrà esattamente così, come sa chi ha letto la storia di Fantomius "il bottino dei Barkserville" su Topolino 3073 e su definitive collection Fantomius volume 3! 
Certo anche in passato sono state pubblicate storie a puntate ma non più di una per volta al termine della quale passava un certo lasso di tempo prima di un'altra saga.
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Messaggio Da claudio57 Mar 14 Set 2021, 16:00

Editoriale di Topolino 3434 Facebook
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Messaggio Da doctorZeta Mer 15 Set 2021, 01:23


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Messaggio Da claudio57 Gio 16 Set 2021, 17:25

In attesa dell'uscita il 29 settembre, Giunti Editore ci introduce i contenuti del TopoPrincipe con un notevole mini trailer, dove emerge lo straordinario lavoro di Giada Perissinotto e Andrea Cagol!
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Messaggio Da claudio57 Mar 21 Set 2021, 10:09

E' morto Lucio Michieli inchiostratore di vari artisti Disney veneti, collaborò con Romano Scarpa nel 1972 e poi dal 1989 fino alla fine.
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Messaggio Da claudio57 Mer 22 Set 2021, 09:22

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Messaggio Da claudio57 Mer 29 Set 2021, 12:32

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Messaggio Da claudio57 Dom 03 Ott 2021, 12:50

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NUOVA RECENSIONE: Topolino Gold 4 - Reginella - La trilogia
Topolino Gold 4 - Reginella - La trilogia - Papersera
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Messaggio Da claudio57 Mar 05 Ott 2021, 18:19

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Messaggio Da claudio57 Mer 06 Ott 2021, 08:46

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Messaggio Da claudio57 Sab 09 Ott 2021, 23:16

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Messaggio Da claudio57 Dom 10 Ott 2021, 11:21

WALT DISNEY - Pagina 14 Paperi11 Il 20 ottobre Glénat pubblicherà in Francia Les Vacances de Donald, un nuovo volume della collana dedicata alle storie Disney realizzate da autori di bande dessinée, che in Italia sono tradotte da Panini Comics (e precedentemente da Giunti).
continua al link:
Il Paperino francese di Bertolucci e Brrémaud - Fumettologica
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Messaggio Da claudio57 Mar 12 Ott 2021, 23:12

Dopo medaglie, monete, francobolli e banconote, ora tocca ai ciondoli zodiacali.
Da collezionare a gennaio 2022, stavolta solo su Topolino!
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Messaggio Da claudio57 Mer 13 Ott 2021, 10:50

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Messaggio Da claudio57 Ven 15 Ott 2021, 09:12

i giovani leggono Topolino?
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Messaggio Da claudio57 Mar 26 Ott 2021, 12:46

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Messaggio Da doctorZeta Mar 26 Ott 2021, 20:34


_________________________________________________
SENZA ORSATO CHE JUVE SAREBBE?

E ti sta parlando un Bonelli-dipendente...
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Messaggio Da ZACCA Mer 27 Ott 2021, 09:24

claudio57 ha scritto:i giovani leggono Topolino?
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qual'e' la risposta ?

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