La minaccia verde (n.147/148)
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Andrea67
Kramer76
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FORUM ZAGOR TE NAY LA DARKWOOD DEL WEB :: Zagor-Te-Nay il Forum dello Spirito Con La Scure :: Commenti alle storie
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La minaccia verde (n.147/148)

Soggetto e sceneggiatura: Alfredo Castelli
Disegni: Franco Donatelli
Copertina: Gallieno Ferri
L’imbroglione Mister Honest vende a Cico la (falsa) mappa del tesoro di Eldorado. Cico, accompagnato da un riluttante Zagor, crede di poterlo trovare sulle Corna del Diavolo, due picchi rocciosi vicino a Dead Horse Town. Dentro una grotta, i nostri amici trovano una misteriosa pianta che comunica immediatamente a Zagor un’intensa sensazione di pericolo…
Re: La minaccia verde (n.147/148)
Il topic nel vecchio forum : http://ramath.forumup.it/viewtopic.php?t=5111&mforum=ramath
Re: La minaccia verde (n.147/148)

la minaccia verde
numeri 147 e 148, testi castelli, disegni donatelli
troppo criticate queste storie di castelli, anche lui ci ha giocato sopra dicendo "la mia peggiore storia, la peggiore storia di zagor, ecc"
fanno il loro sporco lavoro: divertono... e se le confrontiamo con (inseriti voi il nome dell'autore che più detestate) viene pure da piangere...
questa storia è "brutta" come gli eremiti incartapecoriti che la popolano, una fantascienza da drive-in anni cinquanta
con una verve comica che molti altri autori si sognano e, come si vede nella vignetta, contagia anche zagor...
buoni i disegni, bella la copertina
voto 6/7
Ultima modifica di Kramer76 il Mer 30 Dic 2020 - 12:18 - modificato 14 volte.
Kramer76- Vincitore Champions league/Europa league/Supercoppa/Europeo
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Re: La minaccia verde (n.147/148)
Una delle peggiori storie dell'intera saga, che invito i detrattori dello Zagor attuale a leggere appena ne avranno tempo e voglia.
Giusto per non perdere contatto con la realtà e per ricordare quante ne abbiamo passate, noi Zagoriani, negli ultimi anni '70 e negli anni '80, grazie al "tanto amato" (e non ho mai capito perchè, o forse per aver avuto il merito di inventare un personaggio di discreto successo) Castelli - del quale, a questo punto, inizio a dubitare che abbia scritto quel capolavoro del ritorno di Rakosi, viste le ciofeche attraverso cui ci ha fatto passare prima di quella - e all'ultimo Toninelli, perchè il primo ritengo che non si debba discutere.
Tornando all'odierna storia, a parte la scarsezza della trama e, di conseguenza, della sceneggiatura, vi é altresì una snaturalizzazione del personaggio principale e dei luoghi in cui opera.
Tanto per fare qualche esempio, troviamo che Zagor, dopo aver visto chiaramente l'ombra del vecchio indiano che faceva precipitare dei massi su di lui e Cico, e dopo aver insistito per correre alla sua ricerca, dimentica la sua esistenza preferendo credere a un'allucinazione del suo compagno, che invece l'aveva visto in carne e ossa. Ma come! Ma se l'aveva visto anche lui, seppure attraverso la sua ombra?
E troviamo ancora Zagor che ha una delle sue famose premoninizioni, ma ce l'ha attraverso un gesto di terrore nei confronti di una pianta, che poi lascia tranquillamente a germogliare, affermando che "non c'é niente di interessante in quella grotta". E la premonizione?
E troviamo che gli uomini della posse - anzi l'uomo - giungono/giunge fino al rifugio di Zagor (così vicino al villaggio era? E così fuori strada erano stati poratti?), attraversando addirittura a piedi la letale palude. E perchè poi chiedere l'aiuto di Zagor, che neanche conoscono? E i due cavalli per i nostri?
E mi fermo qui perchè non ho più voglia di perdere tempo.
Bocciata!
Voto alla storia: 4
Voto ai disegni: 8
Giusto per non perdere contatto con la realtà e per ricordare quante ne abbiamo passate, noi Zagoriani, negli ultimi anni '70 e negli anni '80, grazie al "tanto amato" (e non ho mai capito perchè, o forse per aver avuto il merito di inventare un personaggio di discreto successo) Castelli - del quale, a questo punto, inizio a dubitare che abbia scritto quel capolavoro del ritorno di Rakosi, viste le ciofeche attraverso cui ci ha fatto passare prima di quella - e all'ultimo Toninelli, perchè il primo ritengo che non si debba discutere.
Tornando all'odierna storia, a parte la scarsezza della trama e, di conseguenza, della sceneggiatura, vi é altresì una snaturalizzazione del personaggio principale e dei luoghi in cui opera.
Tanto per fare qualche esempio, troviamo che Zagor, dopo aver visto chiaramente l'ombra del vecchio indiano che faceva precipitare dei massi su di lui e Cico, e dopo aver insistito per correre alla sua ricerca, dimentica la sua esistenza preferendo credere a un'allucinazione del suo compagno, che invece l'aveva visto in carne e ossa. Ma come! Ma se l'aveva visto anche lui, seppure attraverso la sua ombra?
E troviamo ancora Zagor che ha una delle sue famose premoninizioni, ma ce l'ha attraverso un gesto di terrore nei confronti di una pianta, che poi lascia tranquillamente a germogliare, affermando che "non c'é niente di interessante in quella grotta". E la premonizione?
E troviamo che gli uomini della posse - anzi l'uomo - giungono/giunge fino al rifugio di Zagor (così vicino al villaggio era? E così fuori strada erano stati poratti?), attraversando addirittura a piedi la letale palude. E perchè poi chiedere l'aiuto di Zagor, che neanche conoscono? E i due cavalli per i nostri?
E mi fermo qui perchè non ho più voglia di perdere tempo.
Bocciata!
Voto alla storia: 4
Voto ai disegni: 8
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Hernan Cortes
Andrea67- PROFETA DI ZTN
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Re: La minaccia verde (n.147/148)
Un'avventura che da bambino avevo trovato discreta,ma rileggendola più volte anche negli ultimi anni mi lascia un po' a desiderare.Non si capisce bene come e fino a che punto si sono estesi i tentacoli della pianta,ma soprattutto e' davvero paradossale la botta in testa che i nostri eroi si auto rifilano per perdere i sensi..Sono già poco credibili le tante botte in testa calibrate al punto giusto x stordire gli avversari,ma farlo addirittura sulla propria persona con il primo corpo contundente che capita tra le mani mi sembra veramente troppo...Peccato perché la storia non era partita male con il sapiente uso che Castelli fa di Cico,e lui infatti che muove il racconto acquistando una mappa da un simpatico imbroglione dal nome tutto un programma: "Honest John" e coinvolgendo poi Zagor in tutta una serie di assurde quanto divertenti situazioni.Suggestiva l'apparizione del vecchio indiano che ha un rapporto quasi morboso con la pianta,ma tenuto conto che anche il finale mi lascia alquanto perplesso,non riesco ad andare oltre una risicata sufficienza.
VOTO 6-
VOTO 6-
Ultima modifica di Marco65 il Lun 8 Feb 2016 - 15:10 - modificato 1 volta.
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Re: La minaccia verde (n.147/148)
Nel 1951 lo scrittore inglese John Wyndham pubblicò il suo libro forse più famoso, “L'invasione dei trifidi” che appartiene al filone apocalittico del genere fantascientifico. Dal romanzo, una decina d'anni dopo, fu tratto un film, successivamente diverse serie televisive e, di recente, un nuovo lungometraggio.
I trifidi del titolo sono piante, probabilmente create in laboratorio con un procedimento di ingegneria genetica ante litteram, largamente coltivate per via dell'ottimo olio ad uso alimentare che se ricava, nonostante abbiano tre caratteristiche piuttosto inquietanti: sono in grado di spostarsi grazie a tre “zampe”, sono carnivore (inizialmente si nutrono di insetti ma poi anche di animali via via più grossi, uomini compresi) e sono dotate di un letale pungiglione posto in cima ad un ramo flessibile. A causa di una combinazione di eventi i trifidi sfuggono al controllo dell'uomo e arrivano a minacciarne l'esistenza.
Il futuro creatore del BVZM probabilmente si ispirò proprio ai trifidi e da quell'esile spunto per la pianta aliena trasse la semplice trama de “La minaccia verde”, la sua seconda storia zagoriana dopo la tribolata “Molok”.
Castelli era sicuramente più a suo agio con il personaggio di Cico che non con quello di Zagor, troppo incline all'azione per i suoi gusti: anche se fin troppo sprovveduto il suo messicano risulta simpatico, sempre funzionale e ben inserito nella narrazione, con gag divertenti e riuscite.
Rifacendosi al modello nolittiano di costruzione e sviluppo del racconto, come spesso accadrà anche in storie successive la lui scritte, Castelli affida il compito di dare il via a quest'avventura proprio ad una gag del pancione: Cico si lascia abbindolare dal lestofante Honest John (un nome che avrebbe dovuto subito metterlo in allarme), cadendo in una truffa che persino un bambino avrebbe smascherato.
Il lettore capisce subito che la mappa del tesoro è un imbroglio e che le velleità di Cico andranno deluse; capisce anche che il saccente atteggiamento di Zagor, che non crede neppure un istante alle fandonie propinate all'ingenuo Cico e che decide di assecondarlo nell'assurda caccia al tesoro al solo scopo di dargli una lezione, è un pretesto per introdurre la vicenda vera e propria.
In effetti questa parte è un lunghissimo prologo: l'avventura comincia in realtà una sessantina di pagine dall'inizio della storia con un'altra bella gag di Cico, che riprende quasi come in un'anafora la prima.
Zagor, infatti, viene di nuovo bruscamente svegliato dal frastuono provocato dal messicano che sta mettendo a punto un curioso marchingegno punitivo degno della migliore vena vendicativa di Paperino. Con la sua solita lentezza mentale Cico sperimenta su di sé il macchinario, con disastrosi risultati facilmente prevedibili.
Imprevedibili ed ironici sono invece gli sviluppi successivi: in un meccanismo tipico della commedia degli errori, è lo sventurato Cico ad essere scambiato per un truffatore!
Come nelle classiche storie di Nolitta, a Zagor viene chiesto un aiuto per catturare dei banditi, aiuto che lo Spirito con la Scure concede volentieri.
Cico, nonostante sia risentito ed offeso per l'atteggiamento derisorio dell'amico, lo segue
e a Dead Horse Town è protagonista di un altro malinteso. Questa ennesima gag ha lo scopo di alleggerire ulteriormente la narrazione e cogliere impreparato il lettore al brusco cambio di tono della storia che nel giro di pochissime tavole assume i tratti di una vicenda horror – fantascientifica da B-Movie: Zagor, Cico e gli abitanti di Dead Horse Town si ritrovano infatti assaliti ed assediati da torme di piante assassine che circondano l'abitato e cercano di infilarsi anche nei pertugi più stretti, istigate e guidate da un decrepito indiano tenuto in vita dalla sete di vendetta contro il genere umano che l'ha rifiutato ed emarginato.
Come dicevo, Castelli sa usare bene Cico: sarà proprio la dabbenaggine del messicano che fornirà a Zagor un primo elemento per sconfiggere la minaccia verde.
Sfuggiti fortunosamente all'assedio notturno i due amici vanno alla ricerca dell'indiano che intuiscono essere parte del mistero. Trovatolo, lo costringono a raccontare loro la verità: apprendiamo che un seme della pianta, di origine aliena, era stato ritrovato molti anni prima da Lorenz, uno scienziato europeo, che a seguito di numerosi esperimenti era infine riuscito a farlo germogliare. L'iniziale entusiasmo si era presto trasformato in orrore e rimorso quando lo scienziato si era reso conto che la pianta non solo era responsabile di numerose morti, ma che era pressoché indistruttibile. Riuscito a trovare un modo per eliminare tutti i cloni, Lorenz si era infine immolato per rinchiudere nelle viscere di una montagna il germoglio originale.
Zagor e Cico si fanno accompagnare quindi accompagnare dall'indiano alla capanna di Lorenz dove trovano ancora perfettamente conservati i suoi ritrovati chimici.
In realtà i due amici sono caduti in una trappola: aizzata dall'indiano, la pianta carnivora si scatena contro Zagor e Cico e nel contempo assale gli abitanti di Dead Horse Town.
Con una pregevole ed abile mossa, Castelli lascia i Nostri in balia della minaccia aliena e cambia bruscamente scena, mostrandoci l'altro fronte della battaglia.
Quando tutto sembra perduto, capiamo che Zagor è riuscito nell'impresa di sconfiggere il nemico, perché tutti i cloni seccano all'improvviso.
In effetti, per sfuggire alla pianta Zagor si è tramortito e nel cadere a terra ha involontariamente rovesciato sui tentacoli il liquido ideato da Lorenz.
Rimane ora solo l'indistruttibile germoglio originale, che l'indiano nuovamente sobilla contro lo Spirito con la Scure. Questa volta però Zagor parla direttamente alla pianta che “rinsavisce” e comprendendo di essere stata manipolata dall'anziano pellerossa senza nome lo uccide e trascina il suo cadavere nella grotta dove era rimasta imprigionata per tanti anni e in cui i due amici la rinchiudono nuovamente.
“La minaccia verde” è una delle storie meno gradite dai lettori zagoriani di lunga data.
In effetti non mancano le incongruenze e i difetti: ad esempio Zagor non crede a Cico quando gli descrive il vecchio indiano, di cui pure lui aveva visto l'ombra quando stava provocando una frana per seppellirlo, oppure appare a dir poco tirato per i capelli il finale, con la pianta carnivora che si pente delle sue malefatte e si autorinchiude nella grotta.
E' anche mia opinione, però, che abbia sofferto e soffra molto il confronto con le ultime storie di Nolitta che la precedono e la seguono: schiacciata tra capolavori come “Tigre!”, “Delitto a bordo” o “Magia senza tempo”, mostra tutti i suoi limiti, ma vi è pure del buono.
Come ho già detto, Cico è utilizzato benissimo: credo che dopo Nolitta Castelli sia uno degli sceneggiatori che abbia saputo gestirlo meglio, mentre non mancano numerosi esempi di altri autori che lo hanno deliberatamente e sistematicamente eliminato dalle loro storie. Le gag costruite da Castelli sono ben congegnate e sempre funzionali alla vicenda.
Pregevoli poi sono anche gli scontri tra Zagor e la pianta e le sequenze dell'assedio di Dead Horse Town, in cui aleggia sempre un senso di cupo orrore, di impotenza e di ineluttabile sconfitta.
La stessa dilatazione dei tempi (con il lungo prologo, i frequenti e voluti cali di tensione provocati ad arte dalle gag di Cico), a mio avviso, serve a generare un effetto annuncio del disastro incombente: prima gli abitanti di Dead Horse Town accennano a misteriose morti e sparizioni, a oscure apparizioni, poi l'indiano senza nome si prodiga perché Zagor e Cico non disturbino una non identificata entità, indi Zagor percepisce una sensazione di pericolo al contatto con l'appena risvegliata pianta che nelle vignette successive ci viene subito mostrata per qualcosa di temibile e pericoloso, tanto che di lì a poco sterminerà atrocemente la banda di Tatcher.
Insomma, Castelli crea un climax di tensione che culmina con l'assedio del villaggio e lo scontro finale.
Personalmente la trovo una racconto discreto, in cui Castelli, ancora acerbo e poco in sintonia con il personaggio, fatica ma comincia quel percorso di crescita che lo porterà a scrivere le storie del Tessitore e del ritorno di Rakosi, tra le più belle dell'intera saga.
E che dire degli ottimi disegni di un ispirato Donatelli, che rende benissimo l'orrore e la mostruosità della vicenda, anche con le fattezze dello stregone?
Per non parlare della splendida copertina di Ferri...
Voto alla storia: 7-
Voto ai disegni: 9
Voto alla copertina: 10
I trifidi del titolo sono piante, probabilmente create in laboratorio con un procedimento di ingegneria genetica ante litteram, largamente coltivate per via dell'ottimo olio ad uso alimentare che se ricava, nonostante abbiano tre caratteristiche piuttosto inquietanti: sono in grado di spostarsi grazie a tre “zampe”, sono carnivore (inizialmente si nutrono di insetti ma poi anche di animali via via più grossi, uomini compresi) e sono dotate di un letale pungiglione posto in cima ad un ramo flessibile. A causa di una combinazione di eventi i trifidi sfuggono al controllo dell'uomo e arrivano a minacciarne l'esistenza.
Il futuro creatore del BVZM probabilmente si ispirò proprio ai trifidi e da quell'esile spunto per la pianta aliena trasse la semplice trama de “La minaccia verde”, la sua seconda storia zagoriana dopo la tribolata “Molok”.
Castelli era sicuramente più a suo agio con il personaggio di Cico che non con quello di Zagor, troppo incline all'azione per i suoi gusti: anche se fin troppo sprovveduto il suo messicano risulta simpatico, sempre funzionale e ben inserito nella narrazione, con gag divertenti e riuscite.
Rifacendosi al modello nolittiano di costruzione e sviluppo del racconto, come spesso accadrà anche in storie successive la lui scritte, Castelli affida il compito di dare il via a quest'avventura proprio ad una gag del pancione: Cico si lascia abbindolare dal lestofante Honest John (un nome che avrebbe dovuto subito metterlo in allarme), cadendo in una truffa che persino un bambino avrebbe smascherato.
Il lettore capisce subito che la mappa del tesoro è un imbroglio e che le velleità di Cico andranno deluse; capisce anche che il saccente atteggiamento di Zagor, che non crede neppure un istante alle fandonie propinate all'ingenuo Cico e che decide di assecondarlo nell'assurda caccia al tesoro al solo scopo di dargli una lezione, è un pretesto per introdurre la vicenda vera e propria.
In effetti questa parte è un lunghissimo prologo: l'avventura comincia in realtà una sessantina di pagine dall'inizio della storia con un'altra bella gag di Cico, che riprende quasi come in un'anafora la prima.
Zagor, infatti, viene di nuovo bruscamente svegliato dal frastuono provocato dal messicano che sta mettendo a punto un curioso marchingegno punitivo degno della migliore vena vendicativa di Paperino. Con la sua solita lentezza mentale Cico sperimenta su di sé il macchinario, con disastrosi risultati facilmente prevedibili.
Imprevedibili ed ironici sono invece gli sviluppi successivi: in un meccanismo tipico della commedia degli errori, è lo sventurato Cico ad essere scambiato per un truffatore!
Come nelle classiche storie di Nolitta, a Zagor viene chiesto un aiuto per catturare dei banditi, aiuto che lo Spirito con la Scure concede volentieri.
Cico, nonostante sia risentito ed offeso per l'atteggiamento derisorio dell'amico, lo segue
e a Dead Horse Town è protagonista di un altro malinteso. Questa ennesima gag ha lo scopo di alleggerire ulteriormente la narrazione e cogliere impreparato il lettore al brusco cambio di tono della storia che nel giro di pochissime tavole assume i tratti di una vicenda horror – fantascientifica da B-Movie: Zagor, Cico e gli abitanti di Dead Horse Town si ritrovano infatti assaliti ed assediati da torme di piante assassine che circondano l'abitato e cercano di infilarsi anche nei pertugi più stretti, istigate e guidate da un decrepito indiano tenuto in vita dalla sete di vendetta contro il genere umano che l'ha rifiutato ed emarginato.
Come dicevo, Castelli sa usare bene Cico: sarà proprio la dabbenaggine del messicano che fornirà a Zagor un primo elemento per sconfiggere la minaccia verde.
Sfuggiti fortunosamente all'assedio notturno i due amici vanno alla ricerca dell'indiano che intuiscono essere parte del mistero. Trovatolo, lo costringono a raccontare loro la verità: apprendiamo che un seme della pianta, di origine aliena, era stato ritrovato molti anni prima da Lorenz, uno scienziato europeo, che a seguito di numerosi esperimenti era infine riuscito a farlo germogliare. L'iniziale entusiasmo si era presto trasformato in orrore e rimorso quando lo scienziato si era reso conto che la pianta non solo era responsabile di numerose morti, ma che era pressoché indistruttibile. Riuscito a trovare un modo per eliminare tutti i cloni, Lorenz si era infine immolato per rinchiudere nelle viscere di una montagna il germoglio originale.
Zagor e Cico si fanno accompagnare quindi accompagnare dall'indiano alla capanna di Lorenz dove trovano ancora perfettamente conservati i suoi ritrovati chimici.
In realtà i due amici sono caduti in una trappola: aizzata dall'indiano, la pianta carnivora si scatena contro Zagor e Cico e nel contempo assale gli abitanti di Dead Horse Town.
Con una pregevole ed abile mossa, Castelli lascia i Nostri in balia della minaccia aliena e cambia bruscamente scena, mostrandoci l'altro fronte della battaglia.
Quando tutto sembra perduto, capiamo che Zagor è riuscito nell'impresa di sconfiggere il nemico, perché tutti i cloni seccano all'improvviso.
In effetti, per sfuggire alla pianta Zagor si è tramortito e nel cadere a terra ha involontariamente rovesciato sui tentacoli il liquido ideato da Lorenz.
Rimane ora solo l'indistruttibile germoglio originale, che l'indiano nuovamente sobilla contro lo Spirito con la Scure. Questa volta però Zagor parla direttamente alla pianta che “rinsavisce” e comprendendo di essere stata manipolata dall'anziano pellerossa senza nome lo uccide e trascina il suo cadavere nella grotta dove era rimasta imprigionata per tanti anni e in cui i due amici la rinchiudono nuovamente.
“La minaccia verde” è una delle storie meno gradite dai lettori zagoriani di lunga data.
In effetti non mancano le incongruenze e i difetti: ad esempio Zagor non crede a Cico quando gli descrive il vecchio indiano, di cui pure lui aveva visto l'ombra quando stava provocando una frana per seppellirlo, oppure appare a dir poco tirato per i capelli il finale, con la pianta carnivora che si pente delle sue malefatte e si autorinchiude nella grotta.
E' anche mia opinione, però, che abbia sofferto e soffra molto il confronto con le ultime storie di Nolitta che la precedono e la seguono: schiacciata tra capolavori come “Tigre!”, “Delitto a bordo” o “Magia senza tempo”, mostra tutti i suoi limiti, ma vi è pure del buono.
Come ho già detto, Cico è utilizzato benissimo: credo che dopo Nolitta Castelli sia uno degli sceneggiatori che abbia saputo gestirlo meglio, mentre non mancano numerosi esempi di altri autori che lo hanno deliberatamente e sistematicamente eliminato dalle loro storie. Le gag costruite da Castelli sono ben congegnate e sempre funzionali alla vicenda.
Pregevoli poi sono anche gli scontri tra Zagor e la pianta e le sequenze dell'assedio di Dead Horse Town, in cui aleggia sempre un senso di cupo orrore, di impotenza e di ineluttabile sconfitta.
La stessa dilatazione dei tempi (con il lungo prologo, i frequenti e voluti cali di tensione provocati ad arte dalle gag di Cico), a mio avviso, serve a generare un effetto annuncio del disastro incombente: prima gli abitanti di Dead Horse Town accennano a misteriose morti e sparizioni, a oscure apparizioni, poi l'indiano senza nome si prodiga perché Zagor e Cico non disturbino una non identificata entità, indi Zagor percepisce una sensazione di pericolo al contatto con l'appena risvegliata pianta che nelle vignette successive ci viene subito mostrata per qualcosa di temibile e pericoloso, tanto che di lì a poco sterminerà atrocemente la banda di Tatcher.
Insomma, Castelli crea un climax di tensione che culmina con l'assedio del villaggio e lo scontro finale.
Personalmente la trovo una racconto discreto, in cui Castelli, ancora acerbo e poco in sintonia con il personaggio, fatica ma comincia quel percorso di crescita che lo porterà a scrivere le storie del Tessitore e del ritorno di Rakosi, tra le più belle dell'intera saga.
E che dire degli ottimi disegni di un ispirato Donatelli, che rende benissimo l'orrore e la mostruosità della vicenda, anche con le fattezze dello stregone?
Per non parlare della splendida copertina di Ferri...
Voto alla storia: 7-
Voto ai disegni: 9
Voto alla copertina: 10
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Re: La minaccia verde (n.147/148)
un Cico cosi' simpaticamente balordo non so piu' da quanto tempo non lo vediamo ...strepa ha scritto:
Come ho già detto, Cico è utilizzato benissimo: credo che dopo Nolitta Castelli sia uno degli sceneggiatori che abbia saputo gestirlo meglio, mentre non mancano numerosi esempi di altri autori che lo hanno deliberatamente e sistematicamente eliminato dalle loro storie. Le gag costruite da Castelli sono ben congegnate e sempre funzionali alla vicenda.

wakopa- Vincitore COPPA ITALIA
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Re: La minaccia verde (n.147/148)
storia che ricordo come particolarmente brutta, che lessi solo e solamente all'epoca della sua uscita. Successivamente ho evitato di riprenderla in mano per evitarmi un ulteriore supplizio.
Anche nell'edizione a colori della repubblica ho dato solamente una veloce visionata ai disegni di donatelli, che sono molto belli.
Anche su tex fu scitta una storia in cui dei fiori, con i suoi aculei, portavano la morte (il fiore della morte), ma però era decisamente di altra taratura. Forse castelli si ispirò a questa, ma con un risultato notevolmente peggiore
Anche nell'edizione a colori della repubblica ho dato solamente una veloce visionata ai disegni di donatelli, che sono molto belli.
Anche su tex fu scitta una storia in cui dei fiori, con i suoi aculei, portavano la morte (il fiore della morte), ma però era decisamente di altra taratura. Forse castelli si ispirò a questa, ma con un risultato notevolmente peggiore
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Re: La minaccia verde (n.147/148)
Castelli usa un meccanismo narrativo "moderno ante-litteram" per raccontarci la sua storia horror, come in film tipo "Ammazzavampiri" o "Christine la macchina infernale"... Non può stupire che la pianta sia senziente... se lo è una macchina... perché non una pianta? Insomma, la pianta è "lu diaulu" (tradotto=il diavolo)... Cico formidabile... Mr. Honest ribalta il concetto del nomen-omen disneyano...
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Re: La minaccia verde (n.147/148)
tu pensa pero' se qualche autore toscanoRobert Gray ha scritto:... Non può stupire che la pianta sia senziente... se lo è una macchina... perché non una pianta?

zagor:"la pianta non attacca gli esseri in stato di incoscienza...ecco perche' io e cico abbiamo afferrato dei pesi e ci siamo tramortiti da soli"

wakopa- Vincitore COPPA ITALIA
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Re: La minaccia verde (n.147/148)
In effetti è una mossa che l'uomo non farebbe, perché tende a non procurarsi danni da solo. Però io l'ho vista nell'ottica fumettistica... D'altro canto non esiste nemmeno che uno fa svenire una persona con un pugno in testa... E' più facile che l'ammazzi, una persona, con una botta in testa...
Ospite- Ospite
Re: La minaccia verde (n.147/148)
Bellissimo il climax, sono d'accordo, ma alla fine questa pianta che si manifesta come un pericolo terrificante non fa un morto tra gli abitanti. Tanto tuonò che piovve.strepa ha scritto:
Insomma, Castelli crea un climax di tensione che culmina con l'assedio del villaggio e lo scontro finale.

Walter Dorian- FORUMISTA MAXIMUS
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Data d'iscrizione : 03.01.14
Re: La minaccia verde (n.147/148)
Walter Dorian ha scritto:Bellissimo il climax, sono d'accordo, ma alla fine questa pianta che si manifesta come un pericolo terrificante non fa un morto tra gli abitanti. Tanto tuonò che piovve.strepa ha scritto:
Insomma, Castelli crea un climax di tensione che culmina con l'assedio del villaggio e lo scontro finale.![]()
Verissimo, e questo è sicuramente un grosso neo, oltretutto perché aveva già ucciso in precedenza (ai tempi di Lorenz e la banda Tatcher) e ucciderà in seguito l'indiano.
Qualche morto anche tra i paesani avrebbe alzato il livello di adrenalina...
Ultima modifica di strepa il Mar 17 Nov 2015 - 17:19 - modificato 1 volta.
Ospite- Ospite
Re: La minaccia verde (n.147/148)
Robert Gray ha scritto:Ad ogni modo l'analisi di strepa è eccellente...![]()
Grazie, troppo buono.
Ospite- Ospite
Re: La minaccia verde (n.147/148)
Discreta storia che ho trovato piacevole anche se il finale non mi è piaciuto!
Nota positiva dell'albo un Cico formidabile! Castelli sapeva gestire benissimo Cico
Bellissimi i disegni di Donatelli.
voto storia: 6.5
voto disegni: 9
Nota positiva dell'albo un Cico formidabile! Castelli sapeva gestire benissimo Cico

Bellissimi i disegni di Donatelli.
voto storia: 6.5
voto disegni: 9
Ospite- Ospite
Re: La minaccia verde (n.147/148)
Robert Gray ha scritto:Ad ogni modo l'analisi di strepa è eccellente...![]()
concordo

Kramer76- Vincitore Champions league/Europa league/Supercoppa/Europeo
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Re: La minaccia verde (n.147/148)
Sufficiente storia da b-movie fantascientifico anni 60 che avrebbe meritato un migliore sviluppo
colpisce il Cico di Castelli,lo stato confusionale degli abitanti,un senso di disgusto della pianta gigantesca.
Merito anche di Donatelli in questo.
colpisce il Cico di Castelli,lo stato confusionale degli abitanti,un senso di disgusto della pianta gigantesca.
Merito anche di Donatelli in questo.
Smash- LAUREATO IN ZAGOROLOGIA
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Re: La minaccia verde (n.147/148)
"La minaccia verde" è una delle storie meno brillanti del periodo, ma è forse eccessivamente criticata, dato che è comunque un racconto ampiamente sufficiente.
Lo spunto della storia di Castelli è abbastanza interessante, ma lo sviluppo, dovuto forse anche alla brevità della storia, non è particolarmente memorabile (anche per qualche passaggio poco chiaro o leggermente forzato). Molto riuscito, invece, il climax di tensione che caratterizza la storia. I colpi di scena sono un po' pochi; comunque, quello finale (il modo con cui Zagor e Cico si salvano), molto curioso e insolito, mi è piaciuto. Compare anche qualche gradevole scena d'azione, specie quelle in cui Zagor e Cico affrontano la minaccia verde. Ottimo l'utilizzo di Cico.
Buoni i disegni di Donatelli.
Molto bella la copertina di Ferri.
Soggetto/Sceneggiatura: 6,5
Disegni: 7,5
Lo spunto della storia di Castelli è abbastanza interessante, ma lo sviluppo, dovuto forse anche alla brevità della storia, non è particolarmente memorabile (anche per qualche passaggio poco chiaro o leggermente forzato). Molto riuscito, invece, il climax di tensione che caratterizza la storia. I colpi di scena sono un po' pochi; comunque, quello finale (il modo con cui Zagor e Cico si salvano), molto curioso e insolito, mi è piaciuto. Compare anche qualche gradevole scena d'azione, specie quelle in cui Zagor e Cico affrontano la minaccia verde. Ottimo l'utilizzo di Cico.
Buoni i disegni di Donatelli.
Molto bella la copertina di Ferri.
Soggetto/Sceneggiatura: 6,5
Disegni: 7,5
Magico Vento- MASTER IN ZAGOR
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Re: La minaccia verde (n.147/148)
Leggiti storie di Martin Mystère come "Il segreto di San Nicola", "Xanadu" o "La spada di re Artù" e capirai perché è un gigante del fumetto italianoAndrea67 ha scritto: "tanto amato" (e non ho mai capito perchè, o forse per aver avuto il merito di inventare un personaggio di discreto successo) Castelli

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