KEN PARKER
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Re: KEN PARKER
DI BERARDI, MILAZZO E TREVISAN (68)
In questa storia, di quello che considero “il periodo canadese” della saga, Ken si confronta con uno dei miti della Frontiera, Buffalo Bill. Ancora in fuga e desideroso di mettere quanti più chilometri tra lui e i tragici fatti di Boston, il nostro eroe ha trovato ospitalità in una vecchia bicocca insieme ad altri avventori riparatisi dal freddo. Per ingannare il tempo conosce un giornalista di nome Ned Buntline, personaggio realmente esistito, che gli parla di Buffalo Bill. Ed è grande la sorpresa di Buntline quando scopre che Ken, in passato, ha incontrato il grande cacciatore di bisonti. Il grande spettacolo, dunque, diventa un episodio in flashback in cui la parte “giovanile” è affidata ai disegni di Trevisan, mentre quella “contemporanea” a Milazzo. uNa divisione dei compiti grafica, per così dire, già vista in Un Principe per Norma. Ed è anche l’occasione per ritornare nel Wyoming, nella casa dei genitori di Ken, e rivedere suo fratello Bill. Un tuffo nel passato in cui il lettore scopre alcuni aspetti interessanti della vita privata di Lungo Fucile. Insieme al confronto-scontro con Buffalo Bill, Berardi ci mostra un eroe giovanile alle prese con i suoi primi guai quando decide di sostituire suo padre, che di Buffalo è lo sceriffo. E in questa intricata vicenda c’è tempo anche per l’innamoramento, con il nostro Ken che s’invaghisce della giovane maestrina Molly Anderson ma non solo: arresta Buffalo Bill e cerca di sventare una rapina al treno locale! Ma quello su cui l’autore sembra volerci far riflettere è l’aspetto mitico del West, ma anche quella componente tra serio e faceto che assume e assumeranno nel corso degli anni i personaggi legati alle storie di quel periodo. Insomma, Buffalo Bill era davvero chi diceva di essere? Una figura epica oppure un opportunista mascalzone? Queste presunte verità non interessano Ned Buntline che, del West, preferisce non la spigolatezza del realismo, ma la meravigliosa epicità del mito. Il grande spettacolo diventa, appunto, uno show, di cui tutti sono, volenti e nolenti, protagonisti. Come farà in futuro Manfredi con l’episodio Shado in Magico Vento, la fiction assume gli abiti della realtà. E se Pecos Bill era capace di catturare con il lazos un tornado, o Davy Crocket poteva addomesticare un puma, il nostro Ken può anche prendersi lo sfizio di narrare e adattare i suoi ricordi per il pubblico e il lettore. E nella locanda in cui si è rifugiato Ken, c’è anche un misterioso avventore simile a Buffalo Bill che, durante una sparatoria contro un gruppo di criminali, viene in soccorso del nostro eroe. Ma si tratta del vero Buffalo Bill? Che importa saperlo. Alla fine, nel West e nel mondo della fantasia, quello che conta è l’avventura. So long.
Ospite- Ospite
Re: KEN PARKER
DI BERARDI, RONTINI, MILAZZO, BARBATI, FRISENDA, ZUCCHERI E BERTOLOTTI (69)
Lampi di paura ha il medesimo incipit di Prossima fermata: Stockton. Ancora una volta il nostro Ken Parker viene scambiato per qualcun altro ma, in questa caso, c’è tutta l’amarezza del dramma e non la sofisticata commedia dell’episodio cui fa riferimento questa storia. Scambiato per il fratello dell’assassino della povera Elisabeth Osborne, Ken è costretto ancora una volta a confrontarsi con i peccati e i pregiudizi di una piccola comunità che teme la sua vendetta. Dunque oltre a indagare sull'identità dell'uccisore, deve dimostrare che nei suoi confronti c’è stato uno scambio di persona. Una vicenda cupa, dove Lungo Fucile ha appena il tempo di leggere, mentre è nella sua stanza, il romanzo famosissimo di Emily Bronte, Cime Tempestose, storia d’amore sfociata in tragedia e intrisa di razzismo. Proprio come Lampi di paura. Ed è appunto un lampo quello che ci vuole per far luce sull’identità del vero assassino della povera Beth, il classico "uomo della porta accanto". E per dimostrare che è stato ammazzato un innocente Ken accuserà perfino la persona sbagliata, salvo ricredersi alla fine e confermando la sua "non infallibilità". Una dimostrazione che Lungo Fucile non è Tex Willer. Ma questo lo sapevamo tutti. So long.
Ospite- Ospite
Re: KEN PARKER
DI BERARDI, MANTERO, MILAZZO, FRISENDA, ZUCCHERI, BARBATI E BERTOLOTTI (70)
Questa non è una storia come le altre ma un pugno nello stomaco. Intendiamoci: non è che Berardi non ci abbia abituati a episodi dove, alla fine, resta tanta amarezza (e penso a Chemako, ma anche Sciopero); però pochi albi come Métis hanno il potere di mostrarti sia l’epica della natura selvaggia sia il dramma condito dal pregiudizio razziale. Un’avventura di cui è Andrè il vero protagonista e non Ken. Un protagonista negativo, feroce, un assassino, un uomo che sin da bambino ha sofferto sulla propria pelle “l’onta” di appartenere a due razze: quella dei francesi e i nativi americani. Osteggiato dai canadesi e mal visto dagli indiani, insomma. Un métis, appunto, di cui anche il nostro Zagor ha incontrato in alcune belle storie boselliane. Un bastardo che, però, ammazza due uomini in un general store della cittadina di Dauphin, nel Manitoba, rapisce la giovane e bella Amy Ralston e fugge sulla slitta del nostro Ken. Dietro tante azioni così vili deve esserci una spiegazione. Qualcosa di plausibile che possa spiegare, non giustificare, i suoi comportamenti. E un po’ come Julia, Ken diventa criminologo e indaga nell’anima di Andrè cercando di arrivare al punto focale del suo odio, scoprendo che, la sua, è una vendetta contro gli uomini che hanno cercato di imbrogliarlo e ucciderlo e non lo sfogo di un selvaggio privo di giudizio. Ma quello che Ken non può sapere, capire, o anticipare, mentre partecipa alla battuta di caccia tra i paesaggi innevati del Canada di fine Ottocento, organizzata per catturare, quasi fosse un animale selvaggio, il giovane métis, è che tra Amy e Andrè s’instaura un sentimento che forse (molto forse) potrebbe sfociare in amore. Andrè è un duro, un violento, ma a modo suo un giusto; Amy, invece, è la classica brava ragazza di famiglia, che ha un fidanzato, una vita, un mondo da scoprire. Un mondo selvaggio – e qua sta l’amarezza di cui parlo, il pugno nello stomaco di un episodio simile – che si manifesta quando, durante le trattative per portarla in salvo, qualcuno spara. Andrè scambia quello sparo per i tentativi subdoli dei bianchi che non rispettano nessun tipo di patto. Spinto dalla rabbia il suo animo selvaggio prende il predominio quando infierisce sulla povera Amy violentandola. Una scena cruda, drammatica, che sottolinea un momento particolare importanta di Métis. Perché Andrè decide di violare l’unica parte di dolcezza che ha avuto nella sua vita prendendosi, con forza bruta, quella verginità che forse Amy non avrebbe mai potuto dargli. Ma non solo, sa bene che i genitori della giovane non gli avrebbero mai permesso di vivere il suo amore con lei. E se Andrè in questo tragico finale perderà la vita, la giovane Amy lascerà sulla bianca neve del Canada la sua purezza e il suo candore macchiando di sangue le pagine finali di questa storia, cupa e tormentata, nella saga di Lungo Fucile. So long.
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Re: KEN PARKER
Una recensione veramente stupenda, complimenti . Ho tutti i numeri di Ken usciti in formato bonelliano (i 59 originali + quelli inediti della ristampa serie oro) e purtroppo non ho mai letto queste storie del magazine , chissà che prima o poi ...).
L'uomo lupo- DIPLOMATO IN ZAGOROLOGIA
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Re: KEN PARKER
Tutte le recensioni/schede del nostro Guitar sono ottime e pertinenti,
e meriterebbero una pubblicazione specifica;
cavoli, quante trame che non ricordavo più, mi sta venendo
la voglia di rileggermi la serie dall'inizio.
e meriterebbero una pubblicazione specifica;
cavoli, quante trame che non ricordavo più, mi sta venendo
la voglia di rileggermi la serie dall'inizio.
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Re: KEN PARKER
Acciderba Lupo non hai mai letto i magazine? Sono bellissimi! Su babbey li trovi a un prezzo modico, te li consiglio vivamente! infine complimenti a Guitar per le recensioni
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Re: KEN PARKER
Ti quoto in pieno
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SENZA ORSATO CHE JUVE SAREBBE?
E ti sta parlando un Bonelli-dipendente...
doctorZeta- ZAGORIANO INDISPENSABILE
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Re: KEN PARKER
Avete ragione , forse lo farò; stavo anche pensando ai volumi a colori di Ken , quelli della collana West , L'Isola Trovata. Ce li avete? I colori come sono ? Avevo preso i tre cartonati a colori della Mondadori, ma poi si sono fermati lì...bramavo di vedere "Uomini, bestie ed eroi " a colori, con tutti i vari personaggi dei fumetti, anche Zagor !
L'uomo lupo- DIPLOMATO IN ZAGOROLOGIA
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Re: KEN PARKER
li ho io,è un gran bella collana,la colorazione è ottima ma tieni conto che sono usciti 33 anni fa'L'uomo lupo ha scritto:Avete ragione , forse lo farò; stavo anche pensando ai volumi a colori di Ken , quelli della collana West , L'Isola Trovata. Ce li avete? I colori come sono ? Avevo preso i tre cartonati a colori della Mondadori, ma poi si sono fermati lì...bramavo di vedere "Uomini, bestie ed eroi " a colori, con tutti i vari personaggi dei fumetti, anche Zagor !
graziano- LAUREATO IN ZAGOROLOGIA
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Re: KEN PARKER
Si, infatti, i colori sono diversi da quelli di oggi, il nuovo riferimento del colore è senz'altro Dragonero con i suoi cartonati, veramente belli!!
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Re: KEN PARKER
1977 - 2017
KEN PARKER COMPIE 40 ANNI !!!
ci saranno i festeggiamenti? cosa si farà?
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Re: KEN PARKER
Fabri73 ha scritto:1977 - 2017
KEN PARKER COMPIE 40 ANNI !!!
ci saranno i festeggiamenti? cosa si farà?
la messa del secondo anniversario....
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Re: KEN PARKER
E' prevista qualche pubblicazione ricorrente?
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Re: KEN PARKER
sarebbe bello un album di figurine (senza cards) di KP,
e magari un nuovo cartonato con almeno 3 storie
classiche a colori.
e magari un nuovo cartonato con almeno 3 storie
classiche a colori.
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Re: KEN PARKER
La Mondadori ne detiene i diritti, si potrebbe sollecitare una qualche iniziativa che coinvolga i due autori....
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Re: KEN PARKER
DI BERARDI, MANTERO, MILAZZO, FRISENDA, BARBATI, ZUCCHERI E BERTOLOTTI (71)
Le avventure pubblicate per il Magazine sono straordinarie. Mi piace esordire subito in questo modo. Poche chiacchiere, anche Caccia di sangue è l’ennesimo albo d’autore. Idealmente in questo episodio possiamo ritrovare temi e personaggi visti in L’eterno vagabondo, e, soprattutto, le bianche distese di ghiaccio. Ritorna Oakpeha, inuit sagace e dotato di un’insolita ironia che, insieme a Ken, forma una coppia affiatata, ma ritornano soprattutto i miti e le tradizioni di queste popolazioni del Nord. L’orso come divinità campeggia nelle prime tavole di quest’albo attraverso le visioni del saggio e pragmatico Ithuk. Ci troviamo nei pressi della Baia di Hudson e la nave del Capitano Rasmus Hansen, insieme ai suoi marinai, fa strage di foche. La foca come il bisonte, la storia è sempre la stessa. Che siano Inuit o Sioux il conflitto tra queste due civiltà con l'uomo bianco si basa sul differente rapporto che esse hanno con i materiali di sussistenza. Ma Caccia di sangue è un albo sorretto da un’ottima sceneggiatura: alcune pagine alternano la drammatica e vivida strage di foche con quella della famiglia di Etah, in un montaggio "cinematografico" di grande efficacia. D’altronde le storie di Ken appartengono al cinema, sono cinema puro. E il nostro eroe, come sempre, decide di stare dalla parte dei più deboli. In questo episodio da Kablunak, “uomo bianco”, diventa Keninguaq, ossia “Ken dei nostri” fino a Kenpaluk “il caro Ken”: una sorta di iniziazione che sancisce la sua appartenenza al popolo Inuit. E durante la battaglia finale riceverà l’attestato di stima maggiore, Kennisuaq, massima onorificenza che un uomo possa ricevere. Ed è proprio al coro da stadio “Kennisuaq” da parte dei suoi nuovo alleati che si conclude questa storia: gli Inuit in Ken avranno sempre un amico leale. So long.
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Re: KEN PARKER
DI BERARDI, MILAZZO, BARBATI, ZUCCHERI, FRISENDA E BERTOLOTTI (72)
Umana avventura è sperimentazione? Metafumetto? Oppure una storia emozionante? Per me entrambe le definizioni calcazano a pennello. Signori c’è poco da fare: questa storia è perfetta. Parlo di sceneggiatura. Riesce difficile non lodare gli sforzi di Berardi, che firma da solo quest’episodio, dimostrando una potenza di scrittura degna di episodi come Adah e Lily e il Cacciatore. Il nostro Ken in questo caso diventa uno scrittore di dime novels. Lo fa per pagarsi il conto nella piccola pensione della signora McNally e di suo marito. Dunque è proprio lui l’autore di Umana avventura. Pirandellianamente Parker diventa Berardi (forse lo è sempre stato) e ci narra una vicenda che potrebbe essere realmente accaduta. Ken e il fido Oakpeha attraversano i selvaggi territori del Manitoba e si confrontano con i Cree di Tiskun. Nel corso della loro avventura conoscono due cacciatori bianchi, Liam O’ Dea e Archibald Leach, coinvolti in una serie di scontri tra diverse compagnie di pellicce. La scena più bella della storia è l’inseguimento di Ken: il nostro eroe, completamente nudo, deve sfuggire ai Cree rifugiandosi nei boschi. Luca Raffaeli nella sua introduzione ai volumi della Mondadori paragona il nostro eroe a una sorta di Adamo, mentre a me questo espediente di Berardi pare una citazione di un vecchio albo di Storia del West: in Gli Avventurieri, infatti, John Colter catturato dai Blackfeet viene sottoposto al medesimo inseguimento. Corsi e ricorsi storici nel fumetto western. Ma Umana avventura è molto di più, e basta leggere le ultime pagine per capirlo. Da cacciatore libero nel Montana, Ken è diventato un ricercato squattrinato e con un preavviso di sfratto. Creando racconti western riesce a ingraziarsi la sua grassa padrona di casa, ma per lui è anche un modo poetico di fantasticare, di "staccare la spina". Ma durante un momento di silenzio, quando da solo in camera decide di scrivere una lettera per suo figlio Teddy, non riesce a trattenere le lacrime. Ne sta passando troppe quest’uomo! E poi, signori, poco importa se quanto narrato in Umana avventura sia il frutto della fantasia di un personaggio prestato ai fumetti (per parafrasare Gianluigi Bonelli) o del suo autore Berardi; quello che conta è l’emozione che si percepisce in alcuni momenti. Perché la vita è fatta di momenti, che siano unici e irripetibili. Dolorosi anche. So long.
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Re: KEN PARKER
DI BERARDI, RONTINI, MILAZZO, FRISENDA, BERTOLOTTI E ZUCCHERI (73)
Era inevitabile e c’era da aspettarselo: la fuga di Ken non poteva durare in eterno. Per un caso fortuito e sfortunato, il nostro eroe, giunto nella piccola comunità di Petit Paris, in Canada, viene catturato dallo sceriffo Bruce Lusky. L’Arresto, appunto, mai titolo più azzeccato, ma in questa storia nessuno poteva immaginare che, laddove avevano fallito gli uomini della National e la letale Fanny Reid, ad ammanettare Ken c’è riuscito uno sceriffo non propriamente ligio al dovere come Bruce. Anzi, il nostro è adito anche al gioco d’azzardo. D’altronde, frequentando criminali qualcosa s’impara e se l’abisso guarda te non diventi tu stesso un abisso? Ma citazioni improrie di Nietzche a parte, le cose non sempre vanno per il verso giusto: infatti l’antipatico Lusky non suscita simpatie particolari nei confronti degli abitanti di Petit Paris, che decidono di farlo fuori per "faccende di poker". Poco importa se insieme a lui c’è anche Lungo Fucile, una pallottola non si nega a nessuno. Eppure ne L’Arresto Ken ha la possibilità di fuggire da solo, però decide di fidarsi della sua coscienza. In effetti i due riescono a sgusciare da Petit Paris e dai facinorosi che volevano la loro pelle usando il kerosene; e un’esplosione ridarà la libertà solo a Lusky, non a Ken, che si ritrova ancora una volta fregato. La fuga è finita amigos. So long.
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Re: KEN PARKER
DI BERARDI, MANTERO, MILAZZO, FRISENDA, BERTOLOTTI E ZUCCHERO (74)
Orso Nero a me ricorda Mandan, indiano conosciuto dal nostro eroe nel primo leggendario albo. Tutta questa storia, del resto, ruota intorno alla figura di questo vecchio Cheyenne e la sua gente. Berardi e Mantero si occupano di nuovo del “tema indiano” concentrandosi sugli aspetti emotivi e famigliari di Orso Nero e la sua gente. In viaggio verso Stream Gulch, Ken e Bruce incontrano la pattuglia del Tenente Witt diretta a Fort Wilkins. E da quel momento questo episodio si trasforma in una vicenda narrata con l’utilizzo del flashback e alcuni repentini cambi di scena. Orso Nero, prigioniero come Ken, ma forse più stanco e disilluso di lui, racconta le vicende della sua gente, la sofferenza patita, ma anche la responsabilità che un capo deve avere nei confronti del suo popolo. Mentre narra le sue disavventure, alle spalle della compagnia c’è Occhio D’anitra, personaggio focale di questa storia. La giovane indiana, sposa di Cavallo Alto, figlio defunto di Orso Nero, insieme a suo bambino sta inseguendo il suocero. La sua determinazione nel trovarne le tracce, anzi, la sua ostinazione, suscita sgomento e ammirazione da parte dei soldati. Occhio D’Anitra però nasconde un segreto: la sua vera intenzione è quella di vendicarsi di Orso Nero, da lei ritenuto colpevole di aver provocato il massacro della sua tribù per una serie di scelte sbagliate. Orso Nero dunque è un capo Sioux ormai stanco di vivere e la sua riappacificazione con Occhio D’Anitra riesce a rendere gli ultimi istanti della sua vita più sopportabili. Ma non a proteggerlo da una pallottola partita da un fucile di quegli indiani Cheyennes che hanno assalito Ken, Bruce e gli altri soldati. Un episodio amaro, duro, con un finale drammatico che a me ricorda quello di Chemako, in cui il nostro eroe sembra perire durante l’assalto dei suoi nuovi nemici. E una dissolvenza in nero chiude la storia, lasciando il lettore e questo personaggio nell'oblio. Quel colore nero è forse l'unico adatto al tragico epilogo della vita di Ken? So long.
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Re: KEN PARKER
DI BERARDI, MANTERO, POLESE E MILAZZO (75)
Dopo Umana Avventura Berardi ci propone ancora una volta il Ken romanziere e quel pirandelliano gioco delle parti tra autore e personaggio. In L’Inaffidabile troviamo due ambientazioni disegnate rispettivamente da Milazzo e Polese: la New York “reale” delle storie di Lungo Fucile (più precisamente la redazione di Ned Buntline), e un’anonima cittadina del Canada nell'avventura narrata dal nostro eroe. Un episodio a incastro in cui le vicende di Ken s’intrecciano con quelle di Brett Holdaway, alias Pavol Zukov, un fuorilegge bugiardo e mezza tacca. Ma nel secondo libro del nostro eroe c’è tanto di cui parlare: di Leon, spietato capo di una cricca di malviventi che non esita ad ammazzare; della famiglia in cui Ken trova rifugio e delle loro umane abitudini; e di lei, la bella Fanny Raid. Una vicenda ricca di elementi e di personaggi, ben narrata, con ottimi stacchi tra le varie sequenze temporali, in cui Ken riesce a scampare ancora una volta alla letale Fanny, grazie al sacrificio di Pavol. Che è un poco di buono, certo, un bugiardo incallito che non dice mai la verità. Un po' come il furbo Buntline che, nella sua redazione newyokese, inganna collaboratori e servi della legge sulle sue attività editoriali. In questa storia l'inaffidabile dunque è Pavol? Certo, ma anche Fanny, e lo stesso Leon, che tradisce tutti i suoi alleati; oppure Buntline, come detto, e perfino Ken che, forse, nella sua smania autoriale gonfia gli eventi e le vicende narrative. Ma, alla fine, vuoi vedere che il "vero" inaffidabile è proprio lui, Giancarlo Berardi? So long.
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Re: KEN PARKER
DI BERARDI E MILAZZO (76)
Vi siete mai chiesti dove vanno a finire le idee perdute, i personaggi dimenticati, gli amori irrealizzati, i racconti incompiuti? Forse ne La Terra degli ero un episodio in cui l’inaffidabilità di cui parlavo prima si manifesta in senso compiuto. Qui gli autori rompono forse in modo definitivio la barriera invisibile tra fumetto e realtà, infrangendo le “regole” come già avevano fatto in Uomini, bestie ed eroi. Questa volta è Ken stesso a coinvolgere Berardi&Milazzo in una delle sue avventure: un bizzarro collage di scene e citazioni cinematografiche, di attori, da Orson Welles a Peter Lorre, da Charles Laughton a Rita Hayworth, a personaggi tratti dalle altre saghe fumettistiche dei due autori o di quelli che hanno lette da bambini. E, immancabile, il mio amatissimo Totò. In fondo, questa è una storia matta, sclaviana in cui può succedere di tutto, una specie di Golconda. Metafumetto, direbbe qualcuno. Personaggi veri o reali (ma chi lo decide?) che rischiano di essere dimenticati dai loro autori e rinchiusi in un castello occupato da pericolosi nazisti. In questo caso la battaglia non è tra le forze del bene e quelle del male, ma tra personaggi in cerca d’autore e autori in cerca di personaggi. Entrare dentro un fumetto è il tema di questo episodio ma, come sempre, nelle storie di Lungo Fucile c’è qualcosa in più: alla fine della loro avventura Ken e i tanti personaggi che affollano le pagine a mezza tinta disegnate magnificamente da Milazzo, rappresentano in qualche modo il bagaglio culturale e onirico che ognugno di noi ha accumulato nella sua vita. Una fantasticheria, insomma, per usare il titolo di un celebre volume di Berardi&Milazzo. Una storia dunque ambientata in una terra in cui gli eroi non vogliono saperne di essere confinati, e di cui il sovrano, il controllore, l’anima nera che manovra e tesse le sue losche vicende è un televisore. Un televisore che distoglie l’attenzione da ciò che è importante, utile ed etico. Un nemico di cui Berardi ci spiega che, ognugno di noi, può "vederci" chi gli pare, il datore di lavoro, per qualcuno, il caporale per Totò. Il prepotente, ecco. E se La terra degli Eroi fosse stata scritta oggi, credetemi, qualche moralizzatore odierno ci avrebbe messo uno Smartphone e i social network. I tempi cambiano caro Berardi! So long.
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Re: KEN PARKER
DI BERARDI, MANTERO E FREGHIERI (77)
Negli ultimi due episodi abbiamo assistito a vicende di pura fantasia, ma adesso vogliamo sapere che cosa è successo a Ken. Nelle ultime pagine de L'Epilogo di Orso Nero una dissolvenza in nero chiudeva l’episodio, lasciando il lettore nell’incertezza: Ken è morto oppure è vivo? In un’altra serie western non ci sarebbero stati dubbi di sorta: l’eroe non può morire. Ma da Berardi&Milazzo ci si può aspettare di tutto. Per esempio che Lungo Fucile venga scambiato per lo sceriffo Bruce Lusky e accolto nel ranch dei McCormack. E che debba indagare sulla morte del giovane Hap e sperare che Lusky, ferito e in uno stato d'incoscienza, non riprenda conoscenza e riveli la sua vera identità. Essenzialmente questo episodio è incentrato sui dissidi della famiglia McCormack: uno su tutti, quelli tra la bella Grace, figlia di John e Judith e padrona di un bordello, e i suoi genitori. Ken dunque agisce sul filo del rasoio, in una vicenda che non è la solita lotta tra vaccari, ma un dramma psicologico, una storia di vendetta che affonda le radici nel passato di John McCormack. E nelle sue beghe sentimentali. Anche la triste vicenda di Jack Wheddon mi ha impressionato: perché questo ex allevatore, indebitato e costretto a cedere le sue terre, cerca di rapinare una diligenza e viene catturato, ma per non affrontare il processo decide di suicidarsi a me ha ricordato i tanti imprenditori che si sono tolti la vita negli ultimi anni per problemi del genere. In questa storia, oltre al dramma famigliare e intimista dei suoi protagonisti, è il comportamento del nostro eroe che stupisce. Perché, alla fine, si consegna allo sceriffo Lusky? Perché non tenta di nuovo la fuga? La spiegazione forse è semplice: Ken è stanco di vagabondare, stanco di essere braccato, stanco di non poter riabbracciare la sua famiglia a New York. Stanco di tutto. Proprio come il povero Wheddon. Destini che s’intrecciano, entrambe due diverse forme di suicidio. So long.
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Re: KEN PARKER
DI BERARDI, TREVISAN E FRISENDA (78)
Fuori Tempo, ovvero: la storia di Teddy e Ken Parker, padre e figlio (poco importa se il giovane Teddy in realtà sia il figlioccio del nostro eroe) alla ricerca disperata di redenzione. In questo episodio la tematica della “fuga”, che è il tema portante delle avventure pubblicate nel Magazine, si riflette su Teddy che abbandona New York per cercare il padre romanziere. Una storia suddivisa su due piani narrativi: le vicissitudini di questo giovane indiano alla ricerca di suo padre e il nuovo romanzo di Ken (Berardi) – Fuori Tempo, appunto – che spopola sulle riviste popolari di Ned Buntline. Nel suo racconto Lungo Fucile è giunto a Tucson ed è ancora libero. Incontra un vecchio Kiowa e un truffatore da Circolo Pickwick; trova lavoro al ranch degli Arnett e assiste all’ennessimo scontro tra bianchi e indiani. E la tragedia si ripete, come in Chemako: ancora una volta il popolo rosso ne è vittima. Come è vittima degli eventi lo stesso Teddy che, per ritrovare suo padre, decide di affrontare un lungo viaggio clandestino. E io adoro questo genere di avventure, quelle rocambolesche fughe on the road a bordo di vagoni ferroviari per non farsi sorprendere dai controllori. Teddy è determinato, vuole ritrovare il suo papà e, dalle ultime notizie giunte, sembra che sia stato rinchiuso nel penitenziario di Rapid City, South Dakota, dopo gli eventi narrati ne Il marchio dei McCormack. In quel caso Ken si era arreso, mentre Teddy no; vuole ritrovare quell’unico contatto che ha in vita con la defunta madre. Berardi non esita, infine, a inserire in questo episodio l’elemento paranormale: il vecchio indiano Kiowa che incontra il nostro Ken nella sua avventura romanzata era vivo o morto? Un fantasma, dunque, un espediente letterario? Al lettore resta il dubbio, come sempre, e forse quelli fuori tempo siamo proprio noi. So long.
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Re: KEN PARKER
DI BERARDI E MILAZZO (79)
Con l’albo Un soffio di libertà inizia l’ultima fase nella saga di Lungo Fucile. Il nostro eroe è rinchiuso nel penitenziario di Jackson County, South Dakota, e deve affrontare le tipiche vicissitudini di un condannato: celle maleodoranti, secondini prepotenti, detenuti spavaldi e l’irrequietezza dell’essere prigionieri, elementi che Berardi approfondirà anche in I Condannati. Le prime pagine sono memorabili e la sequenza in cui il detenuto Shute, sotto la pioggia, viene catturato dalle guardie carcerarie sembra pronta per essere filmata. Il tema portate di questa storia, l’elemento carcerario, è un classico della letteratura, dal Papillon di Charrière a Il Conte di Montecristo di Dumas, fino ad arrivare al cinema con Fuga da Alcatraz. Anche nei fumetti i nostri Tex e Zagor hanno affrontato il carcere, ma Ken Parker si distingue da loro perché è realmente colpevole. Nella rivolta di Boston ha ammazzato un poliziotto, ne è consapevole, anche se si trattativa di legittima difesa. Un soffio di libertà però offre altri spunti di analisi: il rapporto che si crea tra Ken e Shute, ad esempio, o la prepotenza del Capitano Moore, le dispute tra detenuti, il controllo instaurato nella prigione da Neil, mente criminale che tiene sotto il suo dominio gli altri, e immancabile il tema del carcere come istituzione redentiva. Tanti elementi cui non poteva mancare la classica (e forse abusata) rivolta carceraria. Oggi, pensando a Poggioreale e ad altri luoghi simili, mi viene da riflettere che siamo ancora lontani dal risolvere i problemi di cui queste strutture soffrono. I suicidi nelle carceri sono aumentati, il disagio cresce, ed è cronaca recente di celle affollate in cui hanno dormito fino a quindici persone. Ken, fumetto d’avanguardia, pur non vivendo nella nostra contemporaneità conosce i problemi delle carceri, si arrende ancora una volta alla realtà dei fatti, ne è anzi quasi vittima. Perché nonostante stia partecipando a una rivolta che sarà sedata nel sangue, per alcuni istanti sa che quello che sta assaporando insieme agli altri è un utopico e amaro... soffio di libertà. So long.
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